La Turchia di Erdogan deve fermare la sua «vendetta» sui golpisti e gli oppositori, tornare sulla strada del rispetto delle regole democratiche, dello stato di...
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Ma da Bruxelles, dove il tentato golpe e la reazione del governo sono stati al centro del Consiglio esteri cui per la prima volta della storia ha partecipato un segretario di stato americano, Federica Mogherini e John Kerry lanciano un monito chiaro di Europa e Usa uniti sulla stessa linea: «Non ci sono scuse» per portare la Turchia su un percorso diverso. Ed il capo della diplomazia di Obama da una parte sfida Ankara a mandare «prove solide e non accuse» per l'estradizione di Gulen, dall'altra sottolinea che la reazione di Ankara sarà seguita «molto attentamente» dalla Nato. Il Washington Post interpreta la frase come una minaccia allo status di membro dell'Alleanza Atlantica, i portavoce di Kerry chiariscono che è lettura eccessiva. Nel pomeriggio il segretario generale dell' Alleanza, dopo una telefonata con Erdogan, ribadisce che è «essenziale» che Ankara «come tutti gli alleati assicuri il pieno rispetto della democrazia» ed etichetta la Turchia come «alleato di valore» cui la Nato «dà solidarietà in questi tempi difficili». Ma a preoccupare «fortissimamente» l'Europa non sono solo quelli che il ministro degli esteri Paolo Gentiloni definisce tout court «gli abusi delle ultime 24-36 ore», in cui è evidente che Ankara avesse «liste già pronte», come denuncia il Commissario per il vicinato Johannes Hahn, Cosa di cui lo stesso Gentiloni non dubita.
Dall'altra avverte che con la Turchia si aprirà una «partita geopolitica di un certo interesse».
Erdogan ha comunque confermato, in un'intervista alla Cnn, che approverà la reintroduzione della pena di morte se la misura verrà varata dal Parlamento. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero