«Oggi cancello l'accordo unilaterale siglato da Barack Obama con Cuba». Donald Trump parla a Miami, in un teatro di Little Havana simbolo degli esiliati in fuga...
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Dietro il pesante affondo contro il governo cubano si nasconde dunque tutta la difficoltà di Trump nel rovesciare davvero la strategia di chi lo ha preceduto. Anche perché troppi sono gli interessi finanziari ed economici dietro al riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti. «Il nostro obiettivo è una Cuba libera, per questo chiediamo al più presto elezioni libere», tuona il presidente americano, che vuole marcare con forza una differenza di approccio rispetto ad Obama. Un Obama che per Trump ha ignorato «gli abusi sul fronte dei diritti umani» che il regime dei Castro ha compiuto nei confronti del proprio popolo. «Noi non staremo in silenzio», ha assicurato il presidente americano, lanciando un appello per la liberazione dei prigionieri politici e un monito per fermare una volta per tutte l'incarcerazione di persone innocenti. Seguendo uno schema già visto in altre situazioni, Trump invoca dunque la rinegoziazione di un nuovo accordo «più giusto e più equo».
Intanto firma un decreto in cui sono indicati gli obiettivi della nuova strategia verso Cuba, che per l'amministrazione Usa sono imprescindibili: «Rafforzare il rispetto delle leggi americane, soprattutto quelle che regolano l'embargo e il divieto sul turismo, ritenere il regime cubano responsabile per l'oppressione e gli abusi dei diritti umani ignorati da Obama, gettare le basi per dare più potere ai cubani sviluppando una maggiore libertà economica e politica». Intanto con una mossa a sorpresa Trump fa retromarcia su una delle sue principali promesse elettorali, decidendo che continuerà a proteggere i cosiddetti "dreamer", gli immigrati senza documenti arrivati negli Stati Uniti quando erano bambini. Il Dipartimento di giustizia americano ha infatti annunciato che resterà in vigore il programma varato dall'amministrazione Obama nel 2012, teso a evitare il rimpatrio forzato di queste persone e a fornire loro un permesso di lavoro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero