Troppi turisti, acqua inquinata: chiude per sei mesi l'isola filippina di Boracay

Troppi turisti, acqua inquinata: chiude per sei mesi l'isola filippina di Boracay
Non sono solo le città d'arte sfregiate dal troppo turismo a correre ai ripari - vedi Venezia che letteralmente vieta il passaggio in alcune strade - ma anche veri...

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Non sono solo le città d'arte sfregiate dal troppo turismo a correre ai ripari - vedi Venezia che letteralmente vieta il passaggio in alcune strade - ma anche veri paradisi naturali soffocate e deturpate dal troppo successo. E' questo il caso dell' isola  filippina di Boracay,  mare turchese e sabbia di borotalco ma ormai solo nei depliant. In realtà l'acqua è diventata marrone  - e  lo stesso Duterte aveva definito l 'isola «una fogna», proclamando lo stato di calamità naturale,  «L'acqua di Boracay puzza di m....», aveva aggiunto il leader di Manila col suo tipico linguaggio colorito - e la spiaggia quasi non esiste più per l'affollarsi di strutture turistiche. Per questo il governo filippino ha deciso di chiudere per sei mesi l'isola.

 Il periodo di «riabilitazione» sarà utilizzato per dotare l'isola di un sistema fognario funzionante, demolire centinaia di strutture ricettive abusive e ampliare la strada principale. Recenti rilevamenti hanno evidenziato una concentrazione di coliformi 45 volte superiore alla norma. Una conseguenza dello scarico di acque reflue direttamente in mare da parte di centinaia di strutture turistiche, costruite in fretta e spesso senza autorizzazione negli ultimi dieci anni.
Che la situazione fosse sfuggita di mano era sotto gli occhi di tutti. La piccola Boracay - 10 chilometri quadrati - è stata meta l'anno scorso di due milioni di turisti (un terzo del totale nazionale), provenienti in particolare dalla Cina e dalla Corea del Sud. Trent'anni fa, quando venne scoperta dal turismo internazionale, gli arrivi erano solo 18mila. Ora, quel numero rappresenta più o meno la quantità di persone che lavorano nel settore turistico dell'isola, per un giro di un miliardo di dollari l'anno. La chiusura è stata parzialmente osteggiata da lavoratori e residenti, ma presto è subentrata l'accettazione, anche perché il governo sta studiando la possibilità di destinare fondi a parziale indennizzo di chi perderà il lavoro per mesi.

Un recente studio commissionato dal governo aveva sottolineato il rischio che, ai ritmi di sfruttamento turistico attuali e previsti per il futuro, Boracay sarebbe diventata una «isola morta» nel giro di un decennio. Anche dopo la «riabilitazione» di sei mesi, rivedere le acque cristalline di Boracay come erano una volta è probabilmente una speranza vana, una volta che l'isola riaprirà ai visitatori. Ma almeno, è passato il messaggio che un turismo di massa sregolato non può essere sostenibile.Più in generale, la chiusura costituisce un precedente e al tempo stesso un segnale di allarme per altre perle tropicali nella regione, nel pieno di un boom degli arrivi di turisti della classe media asiatica.
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Il Messaggero