Trieste, fidanzati uccisi, il collega dell'imputato: «Non ho mai visto Ruotolo con il labbro rotto»

«Ruotolo era una persona molto riservata, in ufficio teneva una condotta esemplare, era bravo in informatica. Con me era sempre molto rispettoso». È il ritratto...

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«Ruotolo era una persona molto riservata, in ufficio teneva una condotta esemplare, era bravo in informatica. Con me era sempre molto rispettoso». È il ritratto di Giosuè Ruotolo, unico imputato per il duplice omicidio della coppia di fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, tratteggiato da un collega, il sergente Vincenzo Virgilio, ascoltato oggi in aula nel corso della 24/a udienza del processo. Teresa e Trifone furono uccisi nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone la sera del 17 marzo 2015. «Non ho mai visto sue reazioni spropositate e non l'ho mai visto con il labbro rotto, un'abrasione a uno zigomo o una fasciatura al polso», ha aggiunto, negando di essere a conoscenza di contrasti tra Ruotolo e Ragone se non per la questione della televisione portata via dall'appartamento da Trifone quando si trasferì con Teresa.



Nel corso della stessa udienza è stata sentita una ragazza che aveva avuto una relazione con Trifone Ragone prima che il militare di Adelfia conoscesse Teresa Costanza: «Trifone mi ha parlato della ragazza che aveva in Puglia, mi ha detto che era molto ricca. Mi ha detto che doveva decidere di sposarla o di lasciarla e siccome non voleva sposarsi voleva lasciarla. Ma mi disse che il papà di lei, avendo tanti soldi, lo minacciava che se la lasciava finiva male, sua figlia non doveva soffrire. Mi disse che anche lei gli diceva che se scopriva che la tradiva andava a finire male, gli diceva o con lei o con nessuno». È quanto riferito in aula dalla ragazza ascoltata come teste della difesa di Ruotolo. La ragazza ha chiesto alla stampa che non venisse fatto il suo nome. «Non credevo ci fosse un fondamento, non era molto preoccupato. Non credevo quasi a niente di quello che mi diceva. L'ho conosciuto come Luca, solo verso la fine mi ha detto che si chiamava Trifone», ha aggiunto riferendo di essere stata un paio di volte nell'appartamento di via Colombo e di aver conosciuto Giosuè Ruotolo e un altro coinquilino. «Mi ha presentato. Era sempre contento, non mi ha mai parlato di contrasti e litigi nell'appartamento». Nel corso dell'udienza sono stati sentiti anche un ragazzo che frequentava la palestra nel settore pesistica, il quale ha riferito che «Teresa e Trifone erano stati accolti come in famiglia, erano sempre con il sorriso». Infine, sono stati sentiti anche l'agente delle assicurazioni di Pordenone dove Teresa aveva cominciato a lavorare da poco tempo e un maestro di judo di Napoli il quale ha riferito che Giosuè aveva raggiunto il grado di cintura nera di kung fu.
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Il Messaggero