«E stato tremendo, è stato come essere sepolti vivi, non riuscivamo a respirare tanta era la gente che ci era caduta addosso». Parla con un filo di voce Angela,...
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«A me non piace il calcio - racconta anche lei con un ginocchio e un piede medicato per i postumi della caduta - ma avevo accettato di andare in piazza per accontentare il mio fratellino che come tutti i bambini gioca a pallone ed è tifoso. Eravamo arrivati da poco e già pensavamo di andare via perché c'era troppa gente ma non abbiamo fatto in tempo». «All'improvviso abbiamo visto la gente correre, anche noi ci siamo messi a scappare ma siamo caduti, ci siamo rialzati e siamo inciampati di nuovo. A quel punto uno dopo l'altro ci sono venute addosso tante persone, non riuscivamo a vedere più nulla e io ero preoccupata per mio fratello che vedevo non riusciva a respirare», prosegue nel racconto fuori dalla sala di rianimazione circondata da mamma e papà.
«Poi, mentre accanto a noi un signore piangeva, altri gridavano, un ragazzo di colore si è accorto di mio fratello e mi ha aiutato a tirarlo fuori mentre un altro ragazzo ci è stato accanto fino a quando non è arrivata l'ambulanza». «Vorrei tanto poter rintracciare quei due giovani per poterli ringraziare - sottolinea con le lacrime agli occhi il papà - ora i medici ci hanno detto che nostro figlio sta un meglio ma abbiamo avuto tanta paura. Mandarlo di nuovo in piazza per un evento simile? Non credo proprio, troppo pericoloso. Almeno fino a quando non avrà 18anni non credo che glielo permetteremo. Poi quando sarà più grande vedrà lui». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero