The Tab, il giornale degli studenti che piace a Murdoch: 5 milioni di euro da NewsCorp

The Tab, il giornale degli studenti che piace a Murdoch: 5 milioni di euro da NewsCorp
Si chiama The Tab, e prende il suo nome da due parole: tabloid e Cantab, uno dei nomi in codice per gli studenti di Cambridge, dove è nato. È un giornale online, che...

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Si chiama The Tab, e prende il suo nome da due parole: tabloid e Cantab, uno dei nomi in codice per gli studenti di Cambridge, dove è nato. È un giornale online, che funziona come hub di altri 40 giornali universitari.


Una specie di Facebook del giornalismo universitario, che attrae circa 10 milioni di utenti al mese. Tra questi c'è anche Rupert Murdoch, che ha deciso di investire sul progetto 4.5 milioni di sterline, più di 5 milioni di euro, con la sua News Corporation. Murdoch non è nuovo a questo genere di investimenti: possiede già il 5% di Vice Media, la Bibbia dei millennials. 

Proprio a Vice si ispira The Tab. Come ha spiegato a "The I Paper" Jack Rivlin, il fondatore, «il nostro obiettivo è raccontare storie che gli altri non hanno, ma interessano il nostro pubblico. Rivlin ha già assunto 43 giornalisti, e circa mille collaboratori: giovanissimi che non vengono pagati, ma ricevono in cambio formazione e visibilità. 

«C'è carenza di opportunità nel mondo del giornalismo, ma più di cento nostri alumni stanno già lavorando nei media "tradizionali"». Oltre che rappresentare una piattaforma in cui formarsi, The Tab ha anche una sua base di fedelissimi. La strada per il nuovo giornalismo tracciata da The Tab è duplice: sia scuola dove farsi le ossa, sia mercato, con cui fare i conti. 

L'investimento di Murdoch rappresenta per The Tab una svolta, anche per la risonanza che potranno avere i suoi collaboratori con la rete del miliardario, proprietario tra gli altri del Sunday Times e del Wall Street Journal, oltre che di giornali "popolari", tra cui il The Sun. Ma, precisa Rivlin, «noi non siamo un tabloid. Il modo in cui loro scrivono le storie è molto diverso da quello che facciamo noi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero