Terremoto, 24mila scuole sono a rischio: dal 2010 solo 1 miliardo di fondi per la prevenzione

Terremoto, 24mila scuole sono a rischio: dal 2010 solo 1 miliardo di fondi per la prevenzione
ROMA L'onda emotiva suscitata dal terremoto dell'Aquila che nel 2009 spinse il governo Berlusconi ad istituire il Fondo (gestito dal ministero dell'Economia) per la...

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ROMA L'onda emotiva suscitata dal terremoto dell'Aquila che nel 2009 spinse il governo Berlusconi ad istituire il Fondo (gestito dal ministero dell'Economia) per la prevenzione del rischio sismico non ha modificato affatto la sostanza delle cose. L'Italia resta un Paese che preferisce spendere fiumi di denaro per riparare (150 miliardi negli ultimi 40 anni) piuttosto che per prevenire i terribili guasti provocati dagli eventi sismici. E l'evidenza sta nei numeri. La Protezione civile, ad esempio, ricorda che dal 2010 a questi giorni così difficili, la somma complessiva stanziata per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio pubblico e privato o per costruire ex novo strutture capaci di resistere all'urto della natura ammonta a soli 965 milioni di euro. Meno di 1 miliardo nell'arco di 7 anni, insomma. «Pur se cospicua rispetto al passato annota con puntiglio il Dipartimento insediato presso la Presidenza del Consiglio questa cifra rappresenta solo una minima percentuale, forse inferiore all'1%, del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche».


I RISULTATI
Una goccia nel mare insomma. Sempre più flebile, tra l'altro, in quanto dai 145,1 milioni di euro stanziati nel 2011, si è saliti ai 195,6 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 per poi scendere ai 145,1 milioni di euro per il 2015 fino ai 44 milioni di euro per il 2016. Occorre riconoscere che il Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico è stata una svolta, almeno dal punto di vista della pianificazione degli interventi. Una commissione intergovernativa ha infatti sviluppato azioni e interventi solo marginalmente praticati negli anni passati. Ad esempio studi di microzonazione sismica per la scelta dei luoghi idonei dove costruire o ristrutturare. Peccato che, una volta individuate le aree sulle quali intervenire, manchino i soldi per sistemare definitivamente i problemi.
 
I CASI CLAMOROSI
L'esempio più clamoroso sono le scuole. In Italia vengono censiti 56 mila istituti e, secondo una stima dell'Istat, 24 mila sono a rischio sismico di varia entità. Tra questi ci sono 3.600 scuole pubbliche che hanno gravi problemi strutturali. In parole brutali: rischiano di crollare anche con un sisma di potenza non eccessiva. Ebbene, di fronte a questa grave situazione, a fine 2015, nel corso degli ultimi 6 anni risultavano finanziati (per un totale di 120 milioni) interventi su appena 242 scuole per un costo medio di 478 mila euro. E solo 103 cantieri sono stati portati a termine, mentre 34 sono stati annullati d'intesa con le Regioni. In breve, dal 2010 meno del 3% delle scuole che avevano necessità di una ristrutturazione in grado di fortificarne le strutture al punto da metterle al riparo dai terremoti sono state consolidate. Pochi o nulli, poi, gli interventi sugli ospedali.
 
«Le strutture che necessitano di una pluralità di interventi, che sarebbero strategiche in base alla loro localizzazione in zone ad alto rischio sismico dato che costituiscono un punto di riferimento per la gestione di eventuali situazioni di emergenza post evento, non sono meno di 500», denuncia una indagine parlamentare del 2013 sullo Stato del servizio sanitario nazionale. Il documento riporta anche il risultato di uno studio realizzato su 200 ospedali italiani. «Il 75 per cento degli edifici verificati si legge tra l'altro presenterebbe un indicatore di rischio di stato limite di collasso compreso tra lo 0 e lo 0,2, quindi carenze gravissime. Se cioè si verificasse un terremoto particolarmente violento con magnitudo superiore a 6,2-6,3, il 75% degli edifici che sono stati verificati crollerebbe».

E che la prevenzione sia la strada maestra continuano ad avvertirlo gli esperti. «Bene farebbe lo Stato a supportare con incentivi e detrazioni fiscali le opere antisismiche, in grado di ridurre fino al 10% i costi generali e di limitare il rischio di perdite umane tra i 22 milioni di persone che vivono in zone ad elevato pericolo sismico» avverte il vicepresidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio nazionale dei Geologi, Paolo Spagna.

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Il Messaggero