Chissà se un giorno Rachele, quando sarà una ragazza, si ricorderà del terremoto, della neve che ha sommerso la sua città, del suo primo volo in...
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Un breve trascorso nel nono reggimento Col Moschin, un'esperienza in Afghanistan nel 2013, in questi giorni è impegnato in Abruzzo a sostegno delle popolazioni colpite dall'emergenza maltempo. La sua immagine con Rachele sulle spalle è stata condivisa da decine di migliaia di persone su Facebook. Cosa ricorda di quel giorno?
«Sono arrivato in zona la notte di giovedì e venerdì mattina eravamo già operativi. Sabato mattina abbiamo organizzato l'evacuazione di un gruppo di 23 persone da Valle Castellana ad Ascoli Piceno. Io e i miei colleghi, muniti di sci, abbiamo spianato una piccola strada per far passare la gente che doveva raggiungere il campo sportivo di Prevenisco. A loro abbiamo dato delle ciaspole perchè ci potessero seguire. Ho subito visto che c'era una bambina. Ho notato che era molto spaventata e mi sono avvicinato a lei. Le ho raccontato che la mia compagna ha un bambino della sua età e poi le ho chiesto dell'asilo e dei regali che le aveva portato Babbo Natale. Aveva le scarpine bagnate per via della neve e aveva le mani gelate. Allora le ho fatto indossare i miei guanti. L'ho sollevata e me la sono messa sulle spalle. Le ho dato della cioccolata e ho continuato a chiacchierare con lei. Mi parlava dei suoi giochi, della scuola. Poi, lungo i due chilometri di percorso, mi sono accorto che si era addormentata abbracciata al mio elmetto da sci. Appena arrivati a destinazione l'ho fatta salire sull'elicottero e, non appena il CH47 è decollato, sono tornato al lavoro in quanto c'erano altre persone da raggiunge al paese isolato». So che è riuscito a parlare con la famiglia di Rachele dopo che hanno raggiunto Ascoli Piceno. Cosa vi siete detti?
«Dopo che è stata pubblicata la foto alcuni miei amici mi hanno riconosciuto dagli sci e allora ho confermato che ero io quell'alpino assieme alla piccola. La mamma mi ha ringraziato per quello che avevo fatto per la bambina. Ho fatto solo il mio dovere che è quello di portare sostegno, aiuto e anche conforto psicologico alle persone che sono in difficoltà».
Qual è lo scenario che vi si è presentato in questi giorni quando siete stati nelle zone dell'emergenza neve, mentre arrivano le notizie drammatiche della valanga assassina di Rigopiano?
«Io sono istruttore di sci e di alpinismo e, come gli altri sette componenti del mio team, sono addestrato ad operare in territori e aree disagiate. Abbiamo dovuto raggiungere case rimaste isolate sotto 4 metri di neve nelle quali si trovavano anziani soli e disabili. In alcuni casi si è reso necessaria anche la loro evacuazione con delle barelle che abbiamo trainato con gli sci. Per due notti abbiamo dormito nella scuola di Valle Castellana e la popolazione locale ci ha offerto brandine e coperte. Siamo addestrati a scavare nella neve anche per 12 ore, senza mangiare. Dietro ci sono mesi di addestramento. Alla base di tutto c'è il nostro grande amore per la montagna».
Il Messaggero