Taxi, per le licenze spunta l’ipotesi rottamazione

Sgomberate le piazze dai tassisti, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, si prepara ad aprire il tavolo del negoziato che nei prossimi 30 giorni dovrà portare...

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Sgomberate le piazze dai tassisti, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, si prepara ad aprire il tavolo del negoziato che nei prossimi 30 giorni dovrà portare all’approvazione di due decreti per dare nuove regole al settore. Quella che il governo vuole, ha chiarito lo stesso ministro, è «una riforma seria», avviata «senza cedere alla piazza». A dimostrazione di ciò, Delrio ha invitato anche le «black car», gli Ncc, a prendere parte alla trattativa che partirà la prossima settimana per esaurirsi entro il 21 marzo prossimo. Ma il negoziato non si preannuncia semplice. L‘accordo di ieri è stato sottoposto dalle sigle dei tassisti alla ratifica della base nel corso di una affollata assemblea nazionale riunita nella sede della cooperativa romana 3570.


I delegati, alcune centinaia, hanno approvato sostanzialmente all’unanimità (solo tre i voti contrari), il verbale della riunione, che prevede l’avvio di un lavoro comune, con i tecnici del ministero e con i noleggiatori, per la stesura di nuove norme di riordino del settore da portare a termine entro un mese. Il primo problema è che i tassisti sono al loro interno divisi. I leader di Unica Cgil e Uritaxi, rispettivamente Nicola Di Giacobbe e Loreno Bittarelli, hanno fatto appelli al senso di responsabilità, all’unità e alla concretezza: il loro principale problema è arrivare, possibilmente già la prossima settimana, al tavolo del ministero con una proposta condivisa dalle oltre 20 sigle che hanno detto sì. Altrimenti, è stato spiegato, «avremo perso, e qualcuno farà la legge al posto nostro». 

I NODI DA SCIOGLIERE
I nodi da sciogliere sono complessi. Ma quello principale si compone di due aspetti connessi tra di loro: l’arrivo di Uber e il valore delle licenze dei taxi. Oggi per entrare nel mercato chiuso delle auto bianche, la via più diretta è quella dell’acquisto di una licenza da un tassista che va in pensione. Ci sono giovani autisti che hanno acceso mutui per poter rilevare il permesso. Per chi ha guidato per una vita, invece, la licenza equivale ad una sorta di buonuscita. L’arrivo di Uber ha già in qualche modo inciso, facendo scendere il valore delle licenze. Dunque, oltre alla concorrenza che la app fa per strada, togliendo clienti alle auto bianche, il danno che i tassisti subiscono è anche una perdita del loro patrimonio costituito dal valore della licenza. Da qui le richieste di applicare rigidamente le regole previste dalla legge 21 del 1992, che stabiliscono l’obbligo per gli Ncc di poter prendere le chiamate dei clienti solo nella rimessa e di dover tornare alla rimessa una volta terminata la corsa. Con l’appendice che la rimessa deve essere situata nel Comune che ha rilasciato la licenza al noleggiatore.


Tuttavia il governo non ha intenzione di bloccare Uber. Sia Delrio che il sottosegretario Nencini hanno dalla loro parte i pareri del Consiglio di Stato e dell’Antitrust, che in pratica sostengono che la legge 21 non si applica alle piattaforme tecnologiche. Ma se questa regola dovrà essere tradotta nei decreti attuativi da adottare entro il prossimo 21 marzo, allora sarà necessario garantire ai tassisti il “valore” della loro impresa che, come detto, è rappresentato dalla licenza. In che modo? Un precedente in realtà esiste. Fu quello utilizzato per la liberalizzazione del commercio alla fine degli anni novanta. Allora per permettere la transizione da un mercato regolato ad un mercato libero, fu data la possibilità ai commercianti di rottamare le licenze, ossia di restituirle agli enti che le avevano rilasciate in cambio di una somma di denaro che poteva arrivare a qualche decina di milioni delle vecchie lire. Un’operazione simile potrebbe permettere una transizione più facile. Ma ha dei contro, a cominciare dai costi per le casse pubbliche che potrebbero essere consistenti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero