Sieropositivo contagiò donne, Talluto: «Non sono un mostro»

Sieropositivo contagiò donne, Talluto: «Non sono un mostro»
«Sono stato descritto come mostro ma chi mi conosce sa benissimo che non sono una cattiva persona. Ciò che è stato scritto su di me non è vero»....

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«Sono stato descritto come mostro ma chi mi conosce sa benissimo che non sono una cattiva persona. Ciò che è stato scritto su di me non è vero». Così davanti alla Corte d'Assise Valentino Talluto, il 32enne accusato di epidemia dolosa e lesioni gravissime perchè pur sapendo di essere sieropositivo ha avuto rapporti non protetti infettando le sue partner. «Sono innanzitutto una persona perché questa cosa non è stata sottolineata finora. Mi è stato dato dell'untore - ha detto Talluto durante le dichiarazioni spontanee - ma io sono un ragazzo con un cuore e sentimenti affetto da hiv, ma non diverso dai presenti. Tutto quello che è stato scritto su di me, non è vero». «Questi sono stati per me anni terribili. Ed è un trauma e un grande dolore che persone che conosco abbiano la mia stessa patologia, e che pensano sia colpa mia», ha aggiunto.


«Non mi sono mai nascosto - ha spiegato - tutte le ragazze mi conoscono con il mio nome e molte di loro hanno conosciuto amici e familiari, se avessi voluto far del male mi sarei comportato diversamente. Se avessi voluto contagiare più persone possibile avrei manutenuto l'anonimato». «Ci sono tante ragazze che pur avendo avuto rapporti con me non sono state contagiate. Come posso essere padrone di diffondere la malattia? Sono anche io segnato dall'hiv e - ha sottolineato - non mi sarei mai permesso di fare del male a qualcuno». «Non è vero che ho rifiutato la terapia. Non mi è mai stata prescritta e quando è stata necessaria l'ho seguita. Con la mia attuale compagna ho sempre preso la terapia dal gennaio 2015 prima che iniziasse tutto questo. Ringrazio la mia fidanzata, i miei amici e familiari che sono rimasti al mio fianco. La verità, sono una persona buona e tranquilla che non ha mai voluto fare del male a qualcuno», ha concluso.
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Il Messaggero