Intercettazioni, il governo vuole intervenire sulle conversazioni non pertinenti

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando
La riforma delle intercettazioni al momento è al palo, incagliata insieme all'intera riforma del processo penale. Per questo, per uscire dall'impasse, il governo...

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La riforma delle intercettazioni al momento è al palo, incagliata insieme all'intera riforma del processo penale. Per questo, per uscire dall'impasse, il governo ora pensa ad un disegno di legge che cambi le regole solo su questa questione e sulla prescrizione, lasciando che la riforma del processo penale prosegua il suo lento cammino.

Dopo essere stata approvata a settembre alla Camera, un mese fa la riforma del processo penale ha cominciato il suo iter al Senato. «Si tratta di una materia molto vasta e complessa», ha detto subito il capogruppo Dem in commissione, Giuseppe Lumia: «Servirà del tempo, ma l'intenzione è quella di andare avanti».

In questi mesi, la discussione sulle intercettazioni è stata praticamente ferma. Sebbene il guardasigilli Orlando, in settembre avesse preannunciato l'istituzione al ministero di un tavolo di giuristi ed esponenti del mondo dell'informazione per studiare da subito la delega sulle intercettazioni, in questi mesi non si è mosso nulla. Dunque, l'idea è di separare le sole intercettazioni dal resto della riforma e in particolare dalla revisione della prescrizione che potrebbe essere definitivamente abbandonata a se stessa. Finora, però, non si è ben capito granché di come il governo voglia strutturare la norma. Il ddl di riforma del processo penale prevedeva sul punto una delega molto generica e anche per questo la maggioranza non ha mai trovato l'intesa.
 
In questi mesi, in attesa che la discussione sulla riforma entrasse nel vivo, alcune procure hanno diffuso circolari interne per cercare di limitare i problemi di privacy dati dalla circolazione di intercettazioni non strettamente attinenti alle accuse in discussione.

COLLOQUI IRRILEVANTI
Prima il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, quindi Armando Spataro che coordina Torino, infine Giuseppe Colangelo a capo della procura di Napoli hanno diffuso alcune circolari interne. I testi sono più o meno analoghi. Si chiede agli investigatori di «evitare l'ingiustificata diffusione delle conversazioni estranee e irrilevanti per le indagini» e agli adempimenti che gravano sui pm nella fase della distruzione di questo genere di captazioni. La linea è comune a tutti e tre i procuratori: le intercettazioni irrilevanti non devono essere riportate per esteso o per estratto nei brogliacci e nelle informative della polizia giudiziaria, che dovrà limitarsi a scrivere «intercettazione irrilevante ai fini dell'indagine».

Se, poi, la polizia giudiziaria dovesse avere dubbi sulla rilevanza della conversazione, investirà della questione il pm. La falsariga potrebbe essere percorsa anche dalla riforma delle intercettazioni. Con un problema, che l'inchiesta della procura di Potenza ha reso evidente: in alcuni casi - ad esempio nel traffico di influenze - riportare quanto un soggetto subisca le pressioni di un altro, come per l'ex ministro Federica Guidi e il suo compagno Gianluca Gemelli, può essere determinante per ricostruire il caso.

L'UDIENZA FILTRO

Altra strada che il governo potrebbe seguire, come ha fatto la procura di Torino, è puntare sull'udienza filtro come luogo in cui si distruggono le conversazioni irrilevanti. Nel modello torinese, tutti gli atti inoltrati al gip a sostengo della richiesta di misura cautelare dovranno essere depositati: e quindi saranno esaminabili nella versione cartacea e in quella audio, ma le conversazioni potranno essere ascoltate «senza però diritto di ottenerne copia». I dati italiani, in ogni caso, non sono affatto da società sotto controllo: la possibilità che una persona venga intercettata è una ogni 24 mila abitanti.

S. G. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero