Dà da mangiare ai bambini poveri: licenziata in tronco la cuoca della mensa scolastica

Della Curry
In Italia, a Castelmaggiore in provincia di Cremona, lo scorso ottobre scoppiò il caso del refettorio scolastico della locale scuola elementare, quando il sindaco Filippo...

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In Italia, a Castelmaggiore in provincia di Cremona, lo scorso ottobre scoppiò il caso del refettorio scolastico della locale scuola elementare, quando il sindaco Filippo Bongiovanni escluse i bambini che non pagavano la retta della mensa dal pranzare a scuola.




In America, invece, hanno fatto di più, licenziando la cuoca del refettorio della Dakota Valley Elementary School di Aurora, Colorado, per aver dato da mangiare a studenti che non avevano soldi per pagare i pasti: «Avevo una bambina di prima elementare di fronte a me, che piangeva perché non aveva abbastanza soldi per il pranzo e sì, le ho dato da mangiare», dice Della Curry, che è stata recentemente licenziata dalla dirigenza del distretto scolastico di Cherry Creek.



Nel distretto, gli studenti che non hanno le qualifiche necessarie per ottenere i pasti gratuitamente o con un prezzo ridotto, ricevono un solo pezzo di formaggio su un hamburger, e una confezione piccola di latte. Secondo la Curry non era sufficiente e molte volte aveva pagato di tasca sua i pasti dei bambini: «Lo so che ho infranto una legge, ma è una legge ingiusta», ha continuato in una intervista con la sezione della Cbs di Denver.



Per rientrare nel programma di buoni pasto gratuiti, una famiglia di quattro persone dovrebbe avere un introito medio globale intorno ai 31.000 dollari annui. Per qualificarsi al programma di riduzione, la quota sale a 45.000 dollari all'anno. La Curry ha affermato che gli studenti che lei ha aiutato non rientravano in nessuno dei due programmi ma: «erano bambini i cui genitori hanno abbastanza soldi da non rientrare negli ausili pubblici, ma spesso non hanno abbastanza soldi per mangiare».



Della Curry è pienamente cosciente del fatto che il distretto scolastico stia semplicemente eseguendo il regolamento interno, al momento del suo licenziamento. Ora spera che la sua storia possa portare qualche significativo cambiamento: «Se essere licenziata significa poter cambiare questo regolamento ingiusto, non ci sarebbe nessun problema per me accettare il licenziamento» ha concluso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero