Nonostante gli anni passati ad allenare la squadra di football giovanile di Indianapolis, John Padgett, 48 anni, non si era mai classificato al primo posto del Washington Township...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Quattro giorni prima di morire, John ha potuto vedere i suoi amatissimi ragazzi alzare la coppa la cielo e fare il giro del campo per ringraziare i tifosi che li avevano sostenuti. Aveva desiderato vedere quella scena per tutta la vita: erano passati gli anni, erano cambiati i ragazzi che avevano indossato quella maglia, lui era invecchiato precocemente e si era ammalato ma non si era affievolito l'ardore che lo spingeva a realizzare il suo desiderio più grande. E, fatalità del destino, come un ultimo regalo dalla vita, è arrivata quella coppa.
Nove ore prima della sua morte, i 18 ragazzi che lui aveva cresciuto e aveva portato alla vittoria sapevano che c'era un posto solo al mondo dove festeggiare il traguardo: e così hanno annullato la festa a scuola e hanno organizzato un pizza party intorno al letto di John che non riusciva più a parlare o ad aprire gli occhi. «Sono sicuro che lui sapesse che eravamo lì – ha detto l'assistente allenatore Mark Zinn – gli ho tenuto la mano e gli ho parlato a lungo per ringraziarlo e dirgli quanto fosse straordinario. Mi ha dato una stretta. Lui c'era ancora». Poche ore dopo, nella notte di domenica scorsa, John si è spento tra le braccia della moglie Debra, 52 anni, e del figlio Darian.
«Sono così grata ai ragazzi - ha detto la donna – Non si sarebbe mai arreso al tumore prima della vittoria e della festa della sua squadra».
A John era stato diagnosticato un linfoma ai polmoni lo scorso anno e ha subito un'operazione di rimozione di parte dell'organo. Ad aprile la brutta notizia: il cancro si era diffuso al sistema linfatico e i dottori gli hanno dato pochi mesi di vita. Negli ultimi tempi ha subito ripetuti cicli di chemioterapia ma non si è mai perso una partita, anche se, alla fine, non poteva camminare e respirava a fatica. Agli amici continuava a ripetere che anche se il cancro avesse vinto, non sarebbe mai riuscito a batterlo. Così è stato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero