Una bocciatura storica, quella del leader socialista e candidato premier Pedro Sanchez, respinto questa sera per la seconda e ultima volta dal Congresso di Madrid sotto il fuoco...
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I socialisti hanno tentato fino all'ultimo di convincere i 65 deputati di Podemos almeno ad astenersi ma i viola hanno tenuto duro. Fra i due partiti sono ancora aperte le cicatrici provocate dallo scontro mercoledì fra il leader post-indignado Pablo Iglesias e il gruppo socialista. I deputati Psoe sono insorti con urla e fischi quando Iglesias ha accusato il leader storico socialista Felipe Gonzalez di avere «un passato macchiato dalla calce viva» per i suoi legami con il gruppo paramilitare anti-Eta del Gal. I socialisti hanno chiesto con tono perentorio le scuse del leader di Podemos, che lo ha escluso. Oggi è stato Rajoy a fare ribollire i banchi socialisti accusando Sanchez di avere strumentalizzato le istituzioni con una «candidatura fasulla» per garantire «la propria sopravvivenza politica»: «anche questa è corruzione» ha accusato, fra le grida di protesta dei socialisti.
Nel caos dal 20 dicembre, la politica spagnola affronta ora da lunedi un incerto terzo turno. Re Felipe VI deve decidere se e a chi affidare il prossimo tentativo, ad alto rischio. Pp e Podemos, dai lati opposti, hanno fatto sapere che «da domani» offriranno un dialogo al Psoe. Rajoy per costituire, e guidare, una Gran Coalicion con socialisti e Ciudadanos. Sanchez finora ha rifiutato il dialogo con Rajoy. Ma rimane l'ago della bilancia di un possibile governo prima del ritorno alle urne.
Iglesias propone invece un governo di sinistra con Psoe e Izquierda Unida, che avrebbe 161 deputati su 350 e passerebbe con l'astensione di nazionalisti e secessionisti baschi e catalani. L'indipendentista catalano Francesc Homs oggi ha offerto a Sanchez di appoggiare un suo governo di sinistra in cambio di un referendum ufficiale sulla autodeterminazione della Catalogna, che il Psoe rifiuta. Per inventare la formula magica che faccia uscire la Spagna dal caos politico rimangono solo sette settimane. Il conto alla rovescia è iniziato: senza un nuovo governo il 2 maggio il paese tornerà alle urne il 26 giugno. «Si intravede che non ci sarà un governo fino all'autunno» avverte El Pais, che parla di «un paese sull'orlo della bancarotta politica».
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Il Messaggero