Siria, Sos Onu: «Aiuti impossibili». La Russia accetta 48 ore di tregua

Siria, Sos Onu: «Aiuti impossibili». La Russia accetta 48 ore di tregua
Gli aiuti umanitari per la Siria sono «impossibili» in queste condizioni. E le Nazioni Unite li sospendono. Lo ha comunicato, confidando in una reazione, l'inviato...

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Gli aiuti umanitari per la Siria sono «impossibili» in queste condizioni. E le Nazioni Unite li sospendono. Lo ha comunicato, confidando in una reazione, l'inviato speciale dell'Onu per la Siria, il diplomatico italo-svedese Staffan de Mistura.


CONTESA DA QUATTRO ANNI
I combattimenti e i raid aerei mettono a rischio l'incolumità di qualsiasi convoglio. De Mistura ha chiesto una tregua di «almeno 48 ore» ed almeno per Aleppo, la città-martire che da quattro anni è contesa tra le truppe di Damasco e una coalizione di gruppi di insorti. De Mistura cercava evidentemente una reazione tra le parti in guerra, e l'ha avuta. Sono stati i russi ad accogliere la proposta. I russi che però cinque mesi fa avevano annunciato il ritiro dalla Siria, e che combattono meglio organizzati di allora, ora che l'Iran ha messo a disposizione una base aerea per i caccia, di 1.300 chilometri più vicina agli obiettivi da colpire rispetto alla precedente postazione russa. Siamo «disponibili a sostenere la proposta di de Mistura, e di stabilire al più presto, già la prossima settimana, una pausa umanitaria nella città di Aleppo per fornire alla posizione locale cibo e medicine» ha detto da Mosca il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa. I due giorni di pausa nelle intenzioni di Mosca dovrebbero essere riproposti ogni settimana.

Un impegno da definire per dare speranza a una popolazione allo stremo. Che ha bisogno di cibo, di medicine e di cure, ma anche di acqua potabile. Sull'acquedotto (un gioiello di fabbricazione tedesca, una meraviglia tecnica nel Medio Oriente) le fazioni avevano trovato mesi fa un accordo per garantire l'acqua a tutta la città, ma poi altre bombe hanno distrutto parte degli impianti e di nuovo sottratto questa risorsa vitale alla popolazione.

DUE PERCORSI
In tutto agosto i soccorsi per Aleppo non sono arrivati a destinazione. Lo ammette de Mistura: non solo ad Aleppo, ma in tutta la Siria neanche un convoglio umanitario è riuscito a raggiungere le aree sotto assedio. «Tutto quello che sentiamo dalla Siria - dice l'inviato dell'Onu - sono combattimenti, bombardamenti offensive, controffensive, razzi, napalm, cloro, cecchini, barili bomba, attentati suicidi». E gli aiuti, in questo scenario, sono resi appunto «impossibili». Ma Konashenkov, al di là della fragilità delle parole che ha usato nell'impegno preso («siamo disponibili a sostenere e a stabilire»), suggerisce una soluzione realistica per soccorrere Aleppo: due percorsi diversi per portare gli aiuti, uno per la parte orientale della città controllata dagli insorti, uno per quella occidentale che è in mano all'esercito regolare. Otto giorni fa proprio la Russia aveva proposto una tregua di tre ore al giorno per soccorrere Aleppo. Troppo poche, si è subito lamentata l'Onu. Una finestra di tempo troppo breve per entrare in città e distribuire gli aiuti.

L'altra voce politica che ieri, oltre alle Nazioni Unite, con energia, prova a farsi sentire è l'Europa. Uno stop immediato ai combattimenti chiede, a nome dei 28 stati dell'Europa unita, Federica Mogherini, l'Alto rappresentante a Bruxelles, di fatto il ministro degli Esteri della Ue. «Condanniamo l'escalation della violenza ad Aleppo» dice Federica Mogherini, in particolare «tutti gli attacchi contro i civili» e quelli «eccessivi e sproporzionati da parte del regime siriano». E diffida a strumentalizzare le operazioni di aiuto che «non possono essere parte di nessuna strategia militare». E chiede, appunto, che «tutte le parti in conflitto ripristinino la cessazione delle ostilità». Una tregua era stata già promessa e poi decisa, per evaporare subito.

In una giornata di continui bollettini di guerra (con 5 bambini uccisi ad Aleppo, e 80 jihadisti uccisi al confine, in territorio iracheno, dai caccia di Bagdad, e con i curdi che accusano Damasco di aver bombardato le loro postazioni anti-Isis ad Hasaka), si aggiunge il peso agghiacciante di un dossier raccolto da Amnesty International. Parla dei 18mila detenuti morti in carcere durante la guerra. Parla delle torture e infamie commesse dal regime di Bashar al Assad sui detenuti del carcere militare di Saydanaya. Con le testimonianze dei sopravvissuti. Costretti in celle piccolissime, a dormire sui cadaveri, torturati fin dal momento dell'arresto: pestaggi con le spranghe, unghie estirpate, scosse elettriche, ustioni con l'acqua bollente. «Ci prendevano a calci per vedere chi era morto e chi no» è uno dei racconti. «Impossibile» non dovrebbe essere il soccorso, ma l'indifferenza.

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Il Messaggero