Sinodo, messa di chiusura, Papa Francesco: «La Chiesa non deve creare altri deserti»

Sinodo, messa di chiusura, Papa Francesco: «La Chiesa non deve creare altri deserti»
Città del Vaticano C'è una certa emozione nella basilica. “Una fede che non sa radicarsi nella vita della gente rimane arida e, anziché oasi, crea altri deserti”. La...

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Città del Vaticano C'è una certa emozione nella basilica. “Una fede che non sa radicarsi nella vita della gente rimane arida e, anziché oasi, crea altri deserti”. La frase risuona a San Pietro. Ci celebra la chiusura del Sinodo sulla Famiglia che ha segnato un passo in avanti per la chiesa-da-campo, caritatevole, compassionevole, aperta a tutti, tanto sognata da Bergoglio sin dall'inizio del suo pontificato. “Le situazioni di miseria e di conflitto sono per Dio occasioni di misericordia. Oggi è tempo di misericordia!” annuncia nell'omelia, dopo avere ascoltato le tre letture che indicavano la via paterna di Cristo.


Il cammino di apertura è iniziato come hanno potuto sperimentare cardinali, vescovi e gli altri padri sinodali in queste tre settimane. Tutti si sono confrontati – a volte duramente – nell'aula nuova del Sinodo. Francesco ricorda che la vita reale deve restare l'orizzonte del Vangelo. La Chiesa del resto è inclusione. “C’è una seconda tentazione, da evitare – dice il Papa - quella di cadere in una fede da tabella. Possiamo camminare con il popolo di Dio, ma abbiamo già la nostra tabella di marcia, dove tutto rientra: sappiamo dove andare e quanto tempo metterci; tutti devono rispettare i nostri ritmi e ogni inconveniente ci disturba. Rischiamo di diventare come quei molti del Vangelo che perdono la pazienza e rimproverano Bartimeo.

Poco prima avevano rimproverato i bambini, ora il mendicante cieco: chi dà fastidio o non è all’altezza è da escludere. Gesù invece vuole includere, soprattutto chi è tenuto ai margini e grida a Lui. Costoro, come Bartimeo, hanno fede, perché sapersi bisognosi di salvezza è il miglior modo per incontrare Cristo”. Infine un ringraziamento ai 270 padri sinodali e un invito: evitare il pessimismo.







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Il Messaggero