Arabia, separate le gemelle siamesi di 4 anni unite dalla testa: al lavoro per 10 ore equipe di 22 chirurghi

Arabia, separate le gemelle siamesi di 4 anni unite dalla testa: al lavoro per 10 ore equipe di 22 chirurghi
Hanno dovuto lavorare in 22, tra medici e infermieri, per dieci ore di fila, ma alla fine ce l'hanno fatta: Tuqa e Yakeen Al Khadar, gemelline siamesi di quattro anni unite...

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Hanno dovuto lavorare in 22, tra medici e infermieri, per dieci ore di fila, ma alla fine ce l'hanno fatta: Tuqa e Yakeen Al Khadar, gemelline siamesi di quattro anni unite dalla testa, sono state separate e potranno finalmente vivere una vita normale. Le due bimbe, nate in Siria, condividevano il cranio, ma non il cervello: un rarissimo caso di "craniopagus" . L'intervento, portato a termine nel fine settimana presso lo Specialist Children's Hospital di Riad, in Arabia Saudita, è stato l'ultimo dei quattro ai quali sono state sottoposte le piccole. Gli altri tre erano stati effettuati a partire dall'aprile 2014 per preparare l'operazione di separazione vera e propria: ora, a quasi due anni di distanza, Tuqa e Yakeen sono finalmente libere di condurre una vita autonoma e di guardarsi in faccia.


«Ci eravamo preparati a un intervento di 12 ore - ha detto il dottor Ahmad Al-Furrayan, a capo del team chiurgico - perchè le bimbe erano unite dalla testa, il che significa trovarsi davanti a uno dei casi tecnicamente più complicati da affrontare nel campo dei gemelli siamesi: il tasso di successo per casi simili è del 60%. Invece è andato tutto a meraviglia e sono bastate 10 ore di lavoro».

La vicenda delle due bimbe saltò alla ribalta nel 2013, quando avevano 16 mesi e il padre lanciò un appello chiedendo aiuto all'allora re dell'Arabia Saudita, Abdullah (morto nel 2015), per ottenere un intervento chirurgico che lui, con una famiglia di 11 persone da mantenere, non avrebbe mai potuto pagare. Il re acconsentì e dette il via libera alle cure e agli interventi, addebitando tutti i costi a carico del governo saudita. Grazie a quel "sì" Tuqa e Yakeen hanno potuto sperare, grazie a quei medici hanno cominciato una nuova vita. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero