Sedici anni senza identità, riverso in un letto d'ospedale. Sedici anni lontano dai parenti che non hanno mai saputo che fine avesse fatto. Adesso, dopo infinite...
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Quando nel 1999 Garage 66, questo il nome con cui è stato identificato in tutti questi anni in ospedale, ha avuto un incidente con il suo minivan le sue condizioni apparivano disperate: aveva sbandato con la sua vettura ed era stata sbalzato fuori dall'abitacolo precipitando rovinosamente sull'asfalto vicino a El Centro, al confine tra Stati Uniti e Messico.
Venne trasportato immediatamente in ambulanza allo Sharp Coronado Hospital di San Diego, negli Usa, diventato da allora la sua casa. I medici gli hanno salvato la vita ma da quel giorno non può più parlare e non è in grado di interagire con l'ambiente.
Negli anni numerose famiglie si sono fatte avanti credendo che l'uomo fosse un loro caro. Ma ogni tentativo non era andato a buon fine. Nel 2014 l'ospedale ha iniziato a lavorare con i media locali per rendere pubblica la storia nel tentativo di individuare la sua famiglia, ma si è dovuto attendere dicembre dello scorso anno per avere i primi riscontri. Il passato, il nome e tutti i dettagli della vita di quell'uomo sono rimasti sconosciuti per 16 anni fino a quando, venerdì, il Consolato messicano a San Diego ha annunciato che, grazie alla collaborazione e allo sforzo di medici, autorità per l'immigrazione e politici, Garage 66 ha finalmente un nome.
Sharp HealthCare, però, ha detto di non voler rivelare il nome del paziente e i dettagli sulle sue condizioni a causa delle leggi sulla privacy. «Ora gli operatori sanitari possono rivolgersi a lui per nome – ha detto Tom Hanscom, portavoce dello Sharp HealthCare al San Diego Union-Tribune - Stiamo festeggiando il fatto di aver restituito la dignità a una persona che ora ha nuovamente un'identità e una storia. E siamo contenti per la famiglia che per molti anni non ha saputo nulla delle sue condizioni e del suo destino». Ora i familiari hanno chiesto di poter godere di questo momento nella privacy assoluta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero