Se Internet diventa meno democratica

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La decisione presa dalla Federal Communications Commission americana, la fine della “net neutrality”, è un tema che riguarda tutti noi. Un tema fondamentale che condiziona il modo in cui utilizziamo Internet, e rinunciare alla net neutrality rappresenta un grande passo indietro. Per questa ragione, tantissime associazioni per la protezione dei diritti civili sono allarmate da questo cambiamento voluto dall’amministrazione Trump. Che cosa intendiamo per “net neutrality”? Sostanzialmente vuol dire che i grandi provider e gestori del flusso di dati che costituisce l’infrastruttura della Rete non possono discriminare e dare precedenza a dei contenuti piuttosto che altri.


Si tratta di una “common carriage rule”, vale a dire tutti i dati devono essere trattati allo stesso modo indipendentemente da chi provengono e cosa contengono. Questo vuol dire che le foto delle vostre vacanze in un’email hanno la stessa priorità dei contenuti di una piattaforma come Netflix o Amazon. Per questa ragione, la net neutrality è anche un argine alla censura e alla manipolazione. I provider non possono decidere cosa debba avere priorità di accesso per via dei suoi contenuti o cosa debba essere invece messo in coda e quindi di fatto censurato. 
Secondo i provider invece, la “net neutrality” ha impedito loro di investire nelle infrastrutture di reti potendo differenziare tra clienti. Inoltre, sostengono, l’allarme sui pericoli di censura non è giustificato.

Tuttavia non hanno negato la possibilità di un Internet dalla “corsia preferenziale” in cui dare priorità preferenziale a produttori di contenuto che paghino un prezzo maggiore, creando le condizioni per quello scenario di mercato descritto sopra. 
Dare a dei privati il controllo totale del flusso di dati (e quindi anche delle informazioni) pone quantomeno degli interrogativi alla luce di quanto accaduto di recente. Abbiamo già visto come il ruolo di giganti dell’industria del web come Google e Facebook, che godono di ampi poteri di controllo, siano oggetto di dibattito per temi che vanno dalla non trasparenza dei risultati del motore di ricerca o la priorità data ad inserzioni a pagamento, alle scelte di cosa mostrare nelle bacheche di ogni utente Facebook. 


Questi temi tecnici sono intrinsecamente legati ai nostri diritti civili. L’accesso ad Internet viene considerato ormai quasi un diritto base e per molti anni abbiamo discusso del cosiddetto digital divide. Vale a dire come il mancato accesso ad Internet fosse fonte di ulteriore diseguaglianza sociale. Oggi il tema è diventato la qualità dell’accesso e la pluralità di contenuti accessibili. Perdere la “net neutrality” significa perdere un altro pezzo di quell’ideale di democrazia che era alla base del progetto Internet e avvicinarsi invece di più ad un qualcosa che appare sempre più distopico.
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Il Messaggero