La legge di bilancio arriva in Parlamento e, per la scuola, porta con sé l'aumento degli stipendi di presidi e docenti. Ridotte invece le aspettative del personale...
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Oggi la retribuzione di posizione parte fissa per i presidi è ferma all'ultimo contratto del 2010, che prevede 3.556,68 euro lordi mensili a fronte della retribuzione prevista per i dirigenti della pubblica amministrazione di 12.155,61 euro lordi. Attualmente un dirigente scolastico guadagna in media 58mila euro lordi all'anno, quasi la metà rispetto a un dirigente universitario. L'aumento comunque sarà graduale: il ministero dell'Istruzione ha destinato un fondo di oltre 31 milioni per l'anno 2018 e di oltre 95 milioni per l'anno 2019.
«Se la cifra di 95,6 milioni di euro sarà confermata - spiega Giorgio Rembado, presidente dell'Anp (associazione nazionale presidi) - sarà stato raggiunto l'obiettivo della perequazione con l'altra dirigenza pubblica, limitatamente alla parte fissa della retribuzione. Il nostro obiettivo rimane la perequazione totale, relativa a tutte le voci stipendiali, ma non sottovalutiamo che l'aver previsto in Finanziaria una somma perequativa destinata unicamente ai dirigenti scolastici, costituisce finalmente il riconoscimento della piena natura dirigenziale del nostro ruolo». La crescita annuale, quindi, dovrebbe essere di 11.899,74 euro lorde per i 7993 dirigenti scolastici oggi in servizio.
I CONCORSI
Un dato anch'esso destinato a crescere visto che a settembre è stato pubblicato in Gazzetta il regolamento del prossimo concorso per presidi. I posti disponibili per la selezione dovrebbero essere 2.425 per colmare le reggenze che, ad oggi, sono oltre 1700 e sono destinate a crescere con i prossimi pensionamenti. Le scuole in reggenza sono quelle in cui il preside non c'è e viene sostituito da un dirigente di ruolo in un'altra scuola che, di fatto, viene impegnato su più fronti a mezzo servizio.
L'aumento di retribuzione è previsto anche per tutto il personale della scuola ma su questo comparto incombe l'incognita del bonus di 80 euro istituito dall'ex premier Renzi, come più volte denunciato dai sindacati confederali: l'incremento previsto per un milione e 191 mila tra docenti e amministrativi infatti, come per tutti gli statali, dovrà essere di 85 euro di media. Ma il 41% della categoria guadagna meno di 25mila euro lordi l'anno e quindi oggi percepisce il bonus mensile da 80 euro che verrebbe a decadere qualora entrassero gli 85 euro di aumento.
Non ci sono buone notizie sul fronte delle assunzioni per il personale ausiliario, tecnico e amministrativo: l'iniziale richiesta di 6000 nuovi ingressi, infatti, ha dovuto fare i conti con il Mef riducendo i numeri del 50%. Dovrebbero essere assunti a settembre 2018 circa 2.500 nuovi collaboratori scolastici e 500 assistenti amministrativi. A fronte di oltre 18mila posti vacanti, ne resterebbe quindi vuoti ancora 12mila. Sul fronte universitario gli scatti dei docenti diventano biennali e non più triennali, dal 2018 e con decorrenza 1 gennaio 2016, e saranno assunti oltre 1600 ricercatori con l'aumento del Fondo di finanziamento universitario. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero