La Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire più di 350 cittadini infettati da vari virus (Aids, epatite B e C) attraverso le trasfusioni...
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A fare ricorso alla Corte di Strasburgo tra il 2012 e il 2013 sono stati più di 800 cittadini italiani nati tra il 1921 e il 1993 che nel corso degli anni sono stati infettati in seguito a trasfusioni. E che, tra il 1999 e il 2008, avevano già fatto ricorso contro il ministero della Salute per ottenere il risarcimento per i danni subiti. Alla base della decisione di rivolgersi alla Corte di Strasburgo, la tesi secondo la quale lo Stato italiano avrebbe violato i loro diritti introducendo nel 2012 dei criteri che gli impediscono di essere risarciti.
Inoltre, una parte dei ricorrenti sostiene che le procedure d'indennizzo sono durate troppo a lungo, in media oltre i sette anni (in due casi si è arrivati a superare addirittura i 14 anni).
La Corte di Strasburgo ha riconosciuto che la somma di 100.000 euro già prevista a titolo di «equa riparazione» per ogni malato, «costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati», ha precisato il ministero della Salute in relazione alla decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo sui ricorsi proposti da alcuni cittadini italiani, tutti infettati da vari virus (HIV, epatite B e C) a seguito di trasfusioni di sangue praticate in trattamenti sanitari o operazioni chirurgiche.
«La Corte - sottolinea il ministero in una nota - pur avendo riconosciuto per tutti quei casi risalenti agli anni '90 la violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo relativamente al diritto ad un equo processo ed ad un ricorso effettivo, ha affermato che la procedura di cui all'art. 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 - la cui introduzione è stata fortemente voluta dal Ministro Lorenzin -, che riconosce ai soggetti danneggiati, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro determinata nella misura di euro 100.000, costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero