PARMA - Prova a destreggiarsi sui carboni ardenti, Sabina Guzzanti. Arriva a Parma giovedì sera in un cinema strapieno con oltre 300 persone venute apposta per vedere “La...
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Una frase che ha poco a che fare con la macchina da presa visto che ha scatenato un mare di commenti da parte di politici e non. «Vi rendete conto che polemica è scoppiata? – sgrana gli occhi quando la incalzano i giornalisti - Capisco che la parola solidarietà associata a Riina e Bagarella sia una provocazione e infatti questo voleva essere però sto anche dicendo una cosa vera. Nel senso che tutti gli imputati hanno diritto ad assistere a ogni fase del processo ed è vero che se non assistono il processo rischia di essere annullato. Lo dice la legge».
Non è nemmeno un tweet contro il presidente Napolitano spiega la regista: «Non si capisce perché la sua figura sarebbe screditata. E’ testimone non è imputato – e continua - Abbiamo scoperto in questi giorni che i servizi segreti entravano liberamente nelle carceri e pagavano i boss per depistare le indagini e non succede nulla, poi Riina dice che vuole assistere al processo e tutti: condanna unanime… E’ un paese ridicolo».
Eppure è quella parola a far male: “solidarietà”. Perché? «Quelli sono imputati e sono stati privati di un diritto. Un tweet è un pensiero per forza di cose molto sintetico. Questo è un processo Stato-mafia, indaga sui traditori e fare luce su questi fatti dovrebbe essere una priorità di tutti e quindi fare sì che il processo non venga annullato».
E il film come sta andando, invece? «E’ uscito da una settimana, come tutti i film in questo momento nero per il cinema italiano». Sullo schermo nel frattempo girano i titoli di coda e la regista è attesa in sala per un incontro con il pubblico. Neanche a dirlo, l’incontro si apre con il riferimento a quel tweet, poi gli spettatori prendono il microfono e arrivano le prime domande sul film, sulla tecnica, l’ispirazione, persino una su un font usato nei titoli di testa. Guzzanti ammette anche di aver letto le parole di Maria Falcone. La sorella del magistrato ucciso a Capaci ha detto: «E' una cosa vergognosa che non voglio commentare». «Finora è l’unica - dice Guzzanti in tono grave - spero che non si accodino altri». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero