Roma, cyberspionaggio: i legali di Occhionero chiedono l'astensione del pm

Giulio Occhionero
E' stata presentata alla procura di Roma una nuova istanza per chiedere l'astensione del pm Eugenio Albamonte dal processo contro Giulio Occhionero, accusato assieme alla...

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E' stata presentata alla procura di Roma una nuova istanza per chiedere l'astensione del pm Eugenio Albamonte dal processo contro Giulio Occhionero, accusato assieme alla sorella Francesca Maria di avere spiato per anni siti istituzionali e mail di esponenti politici e partiti. A depositare il documento questa mattina, alla vigilia dell'udienza fissata per l'eventuale requisitoria del pubblico ministero, sono stati i difensori dell'ingegnere nucleare. Il riferimento è al procedimento avviato dalla Procura di Perugia, dopo una denuncia presentata dallo stesso Occhionero. Gli avvocati Stefano Parretta e Roberto Bottacchiari, nell'istanza inviata anche al procuratore generale della Corte d'Appello, Giovanni Salvi, scrivono che dall'inchiesta di Perugia «sono emersi ulteriori fatti e circostanze che inducono i difensori degli imputati a ritenere sussistenti gravi ragioni di convenienza perché  il pm eserciti la facoltà di astenersi».


Lo scorso 21 settembre, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, aveva confermato Albamonte come pm del processo, dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati a Perugia. In questo nuovo esposto, i difensori degli Occhionero scrivono che in base al certificato sulle notizie di reato, «consegnato venerdì 6 aprile dalla Procura di Perugia», emerge che «oltre all'abuso d'ufficio e alla falsità ideologica viene contestato agli indagati anche l'omissione di atti di ufficio. Le prime due ipotesi erano note sulla base di precedente certificazione (settembre 2017), mentre la terza si è aggiunta, unitamente all'allargamento dei soggetti interessati dalle stesse indagini, con reati gravi relativamente alla conduzione delle indagini e significativi circa la correlazione e la incidenza sul procedimento in oggetto. Su tali basi - concludono i due avvocati - appare di tutta evidenza che le motivazioni addotte dal procuratore Pignatone, con il provvedimento del 21 settembre scorso, se erano poco appaganti all'epoca, sono del tutto vanificate dalle attuali evidenze». 
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Il Messaggero