Quattro candidati a sindaco di Roma su cinque non sanno dire se si sarebbero fermati vedendo Sara Di Pietrantonio di notte su quella strada della Magliana, prima che l'ex...
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Nella sfida tanto attesa i candidati cercano di illustrare le soluzioni, tra l'altro, per buche, traffico, debito del Campidoglio, assenteismo dei dipendenti del Comune, campi rom e sicurezza.
Scintille tra Raggi e Meloni nelle domande incrociate. «Onorevole Meloni, ora che si vergogna del suo passato fascista, prendendo 13 mila euro al mese come parlamentare - chiede Raggi -, perché non si é dimessa candidandosi? La doppia poltrona le serve come paracadute se va male?». «Il taglio dello stipendio lo risolvo andando a fare il sindaco - replica Meloni -, che come si sa guadagna molto meno che un parlamentare. Si dimetteranno invece i parlamentari M5S venuti a commissariarla con lo staff?». Marchini a Raggi: «Avete il 60% degli amministratori indagati». E sulla legalità ecco gli attriti. «Queste persone vogliono apparire più pulite dei loro partiti, ci mettono la faccia ma tolgono i simboli perchè si vergognano», attacca Raggi. Parole che scatenano la rivolta dei rivali: «Noi abbiamo cambiato tutto, pensate a voi», dice Giachetti. E Fassina: «Pretendo rispetto, non siamo tutti uguali». Ma il tono di Raggi non si smorza e nell'appello finale, accorato, scandisce «si sono mangiati Roma, chi vuole cambiare deve avere coraggio o non ci saranno più scuse». «Scegliete i programmi», suggerisce Meloni che cita Cicerone: «Bisogna scegliere chi amare». Giachetti fa appello alla «squadra, al programma, alle idee e alla mia storia». Fassina si rivolge «alla città fragile», Marchini fa notare «ho promesso due anni fa che non vi avrei abbandonato». Il tempo è finito. Poi sarà tempo di urne. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero