L'allarme combattenti che tornano dalle zone di guerra con pessime intenzioni per il Maghreb come per l'Europa, ha le sembianze di cinque presunti attentatori arrestati a...
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COMBATTENTI DI RITORNO
Per la Tunisia è un incubo che prende forma: il paese più stabile dell'aerea dopo le primavere arabe, l'unico protagonista di una transizione democratica, è anche quello ad aver fornito al fronte delle bandiere nere il maggior numero di jihadisti procapite. Si stima che i tunisini partiti per combattere la «guerra santa» siano circa seimila, che si sommano alle stabili presenze nel paese, a giudicare per non dai numerosi attentati, tra i quali quello della spiaggia di Sousse nel 2015 (trentotto vittime) e al museo del Bardo (venti vittime). Dopo la caduta dell'Isis a Raqqa e la complessiva perdita di territorio, la preoccupazione nel paese, come in Europa, è che i miliziani tornino per spostare qui la militanza del terrore, tanto più che stando alle fonti di intelligence e alle corrispondenze dall'area, l'Isis avrebbe ormai deciso di rendersi sempre più simile ad Al qaeda, abbandonando le pretese di conquista territoriale. Non a caso, nel paese le operazioni di sicurezza in questi giorni proseguono a ritmo serrato: prima di questi cinque arresti, la scorsa settimana è stato fermato un contrabbandiere, originario di Ben Guerdane e specializzato nel commercio di carburante importato illegalmente dalla Libia, che avrebbe avuto un ruolo nell'attentato avvenuto nella medesima città, nel 2016.
BARCHE FANTASMA
L'instabilità della Libia, come notato anche dall'ex presidente del consiglio Romano Prodi sul Messaggero, potrebbe avere dirette conseguenze per la Tunisia. Dalle sue coste continuano a partire le cosiddette barche «fantasma» considerate le più appetibili per criminali e terroristi che vogliano raggiungere l'Europa passando dalle coste italiane, proprio perché le imbarcazioni molto piccole difficilmente vengono rintracciate e, all'arrivo, diventa più semplice nascondersi nella folla. In questo caso non è un problema di numeri: gli arrivi per l'Italia si aggirano attorno ai cento a settimana, molto meno di quanto accadesse con la rotta libica. Ma Viminale e intelligence italiana sono particolarmente preoccupati. Con Tunisi funzionano da tempo cooperazione giudiziaria e accordi di rimpatrio anche se, per il governo, non è facile controllare l'intera costa e, in più di un caso, sono stati scoperti trafficanti in combutta con la guardia costiera. Forse proprio per dare un segnale all'Europa (con la quale sono in piedi consistenti progetti di investimenti economici nel paese), ieri il governo tunisino ha fatto sapere di essere riuscito a «smantellare una rete criminale dedita all'organizzazione di traversate clandestine verso l'Italia» arrestando due dei principali trafficanti di esseri umani della regione di Sfax. Ma è presto per dire se basterà a fermare i «fantasmi».
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Il Messaggero