Era appena diventata Capitale d’Italia, nel 1871, con la Breccia di Porta Pia ancora fumante. Il grande storico tedesco dell’antichità, Theodor Momsen,...
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Roma ridotta a scenario da corteo è una sorte minimizzante, e penalizzante, per il suo passato e per il suo presente. Che sia un gran teatro, non c’è dubbio. Ma che vada calpestato sempre, comunque, da chiunque, in un’overdose di marce incrociate e contrapposte, non è un fatto che attiene ai diritti di libertà ma alla lesione della normale agibilità di cui i cittadini hanno bisogno ogni giorno. Anche nel sabato che dovrebbe essere dedicato al relax. Che poi ieri non siano accaduti incidenti, e tutto sia filato liscio o quasi, è una bella cosa. Ma si continua a giocare troppo con la pazienza dei romani. Ogni volta chiamati a una dura prova di resistenza (non quella anti-fascista ma anti-sfascista). C’era dunque la necessità impellente di coagulare tutte le proteste più o meno nelle stesse ore e nella stessa città, anche se è quella che garantisce più audience a qualsiasi istanza? Ovviamente, questa necessità non c’era. C’è stata soltanto una pretesa di occupazione. E c’è da chiedersi con Ovidio: «Che cosa, migliore di Roma?». Roma libera dalle imposizioni degli altri. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero