Renzi: dalla Ue niente lezioni. E' scontro con Katainen

Il premier Matteo Renzi
dal nostro inviato Luca Cifoni MILANO Un botta e risposta a distanza, che parte al mattino proprio mentre a Milano sta...

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dal nostro inviato Luca Cifoni


MILANO Un botta e risposta a distanza, che parte al mattino proprio mentre a Milano sta iniziando la riunione dell'Eurogruppo, nell'ambito del semestre di presidenza italiana. È Matteo Renzi a dare fuoco alle polveri da Palazzo Chigi e lo fa come gli capita spesso attraverso Twitter: «Noi rispettiamo il 3% siamo tra i pochi a farlo - digita - dall’ Europa dunque non aspettiamo lezioni ma i 300 miliardi di investimenti di Juncker».



La linea è quella enunciata già più volte nelle settimane scorse: il nostro Paese manterrà gli impegni, resterà all'interno dei vincoli europei ma intende muoversi per spingere la crescita. In più però dal premier c'è il rifiuto di qualsiasi bacchettata che possa venire dalle istituzioni dell'Unione, che siano a Bruxelles o a Francoforte. Giovedì era toccato alla Bce prendere nota del peggioramento della situazione economica e dei conti, ed invitare il governo italiano a fare di più.



La risposta al premier arriva però nel pomeriggio dalla commissione. E non da un personaggio qualsiasi: a parlare è il finlandese Katainen, indicato quale vicepresidente nell'esecutivo Juncker con ampi poteri di supervisione sulle scelte economiche e finanziarie. Interpellato sulle parole di Renzi, esplicita il ruolo che intende tenere nei prossimi mesi: «Non siamo maestri ma siamo interpreti di quanto tutti i Paesi rispettano gli impegni presi e di quello che hanno promesso agli altri Paesi». Insomma l'ex premier finlandese rivendica il diritto se non di dare lezioni quanto meno di verificare i compiti a casa degli Stati membri.



LA CONGIUNTURA

E su questo punto una replica, ma più tecnica e sotto voce, giunge anche dal ministro dell'Economia. Il quale argomenta come l'obiettivo di un rapporto deficit/Pil al 2,6%, per esplicita ammissione della Banca centrale europea sia maturato in un contesto ben diverso, di crescita economica più favorevole. C'è quindi «un'ovvia implicazione per i conti pubblici». Insomma il deficit potrà risultare superiore a quello a suo tempo indicato, pur se al di sotto del 3 per cento del prodotto, e l'Italia comunque rispetterà i propri impegni. Sollecitato però sull'eventualità di una manovra correttiva per quest'anno. Padoan non si sbilancia: «Stiamo lavorando alla legge di stabilità che per definizione impatta sui conti». Il provvedimento da mettere a punto entro il 15 ottobre potrebbe quindi contenere accanto agli interventi per il prossimo anno e i successivi anche qualche aggiustamento sul 2014, che sarebbe in ogni caso di lieve entità. Ben più arduo è il compito di trovare le risorse necessarie a finanziare la conferma del bonus da 80 euro ed eventuali nuovi sgravi per le imprese, sollecitati dallo stesso Eurogruppo.



Di sicuro il governo italiano intende mantenere la linea seguita fin qui e dunque non chiederà scorciatoie specifiche per il nostro Paese. Il tema, evocato del resto anche da Renzi, è quello degli investimenti in grado di rimettere in moto la macchina produttiva di tutta Europa. Sullo sfondo, ma nemmeno tanto, c'è la Bce di Draghi pronta a mettere in campo ulteriori misure chiedendo in cambio scelte coerenti ai vari governi nazionali. Ieri Draghi ha confermato che Francoforte partirà senz'altro con il programma di acquisto di titoli cartolarizzati (Abs), anche se gli Stati non saranno disposti a concedere la propria garanzia. Ma se invece questa ci sarà, la banca centrale non si limiterà agli Abs sicuri e prenderà qualche rischio in più, ampliando quindi l'effetto benefico sugli istituti di credito e di riflesso sull'economia.

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Il Messaggero