Riforme, Renzi e la sfida riforme: «Impossibile cambiare legge elettorale»

Riforme, Renzi e la sfida riforme: «Impossibile cambiare legge elettorale»
dal nostro inviato BRUXELLES «Se perdo vado via, non divento un pollo da batteria che fa finta di niente. Vado via, come accade in tutta Europa». La conferenza stampa...

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dal nostro inviato
BRUXELLES «Se perdo vado via, non divento un pollo da batteria che fa finta di niente. Vado via, come accade in tutta Europa». La conferenza stampa che chiude la due giorni di Consiglio Europeo si avvita intorno a domande sul futuro della Ue a seguito del referendum inglese.

Nel calendario di Bruxelles c'è però un altro referendum che preoccupa e al quale è legato il futuro di un Paese, l'Italia, divenuto negli ultimi due anni più stabile del solito.
Quando a Matteo Renzi si chiede se c'è preoccupazione per la consultazione italiana prevista a metà ottobre, il paragone con David Cameron e le sue dimissioni è solo la fotografia dell'esito finale. Dovuto, secondo Renzi, anche se Cameron il referendum se l'è cercato mentre in Italia lo prevede la Costituzione.

A RISCHIO
Non nasconde, il premier, che l'esito della consultazione sia a rischio anche perché è concreto il pericolo che anche sul referendum costituzionale si addensino paure e risentimenti che nulla hanno a che fare con il merito di una riforma che «si sarebbe dovuta fare vent'anni fa» e che metterebbe finalmente una pietra sopra ad un bicameralismo perfetto fonte di instabilità e di ingovernabilità. «Il sessanta per cento degli italiani non conoscono il contenuto della riforma» che abolisce «una casta di politici» che hanno sempre lucrato «sui giochi di palazzo». Tra i paladini della casta e di coloro che non si rassegnano alla pensione e a portare spasso il cane, Renzi mette, senza citarlo Massimo D'Alema, colui che a palazzo Chigi è arrivato proprio grazie ad un giochetto di palazzo e senza passare dalla urne.
L'eventualità che la furia populista sbagli bersaglio e voti difendendo i leader di partiti da prefisso telefonico è reale, ma Renzi non ha intenzione di prestare ascolto a chi gli consiglia di rinviare la consultazione o, peggio, di modificare l'Italicum, come chiede ora formalmente anche la mozione di Sinistra italiana. Non che il presidente del Consiglio sia affezionato alla legge elettorale votata e mai utilizzata. Molto pragmaticamente registra che per ora maggioranze in grado di varare una nuova legge elettorale che assicuri governabilità e risultato certo subito dopo il voto, non ci sono. E in serata all'appuntamento su Facebook con âMatteorisponde sottolinea: «Mi scrivono di non camiare l'Italicum, ma a me lo dicono?». Poi liquida l'apposita mozione presentata in Parlamento: «E' una come tante».

Le resistenze sono però forti e sono arrivate a coinvolgere persino il Quirinale e la Consulta. Cosa che non accadde con la stessa veemenza per il Porcellum, legge elettorale che ha permesso per anni alle segreteria di partito di nominare parlamentari parenti, segretarie e presunti leader forti di cinque «mi piace». Il risultato del referendum inglese spinge il premier a promettere «una gigantesca mobilitazione». «Diecimila comitati liberi entro settembre», perché la riforma costituzionale «non sarà perfetta ma permetterebbe al Paese di fare un salto in avanti», mettendo anche in un angolo le lobby che non vogliono l'abolizione del Cnel, così come la riduzione dei poteri delle Regioni, o la riduzione dei politici grazie alla sostanziale abolizione del Senato. «Solo da noi - osserva - chi perde resta e continua a fare carriera per 50 anni». I nomi Renzi non li fa, ma l'elenco è lungo ed in massima parte coincide con coloro che affollano i comitati per il no.
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Il Messaggero