Torna un classico. Si rivede l'araba fenice. Rispunta il coniglio, un po' invecchiato, dal cappello della politica. Insomma, riecco il Ponte sullo Stretto. Quello che...
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E appena s'avvicinavano le elezioni Silvio Berlusconi, dal 1994 in poi, ha sempre annunciato la «imminente» costruzione di questa «grande opera meravigliosa e rivoluzionaria». Ora, a circa due mesi dal referendum costituzionale, Matteo Renzi torna sul Ponte ma con uno spirito diverso rispetto al passato: «Siamo pronti a sbloccarlo». Ed è un annuncio, quello del premier, lanciato in un'occasione di rilievo. Alla Triennale di Milano - nella città che lui sembra amare più di tutte dopo Firenze: «Ormai sto sempre qui, sono uno stalker di Milano», ha detto - durante la celebrazione dei 110 anni di storia della Salini ormai diventata Salini-Impregilio e tra i leader mondiali nel campo delle costruzioni.
Parla Renzi, nella platea milanese il gotha della finanza e dell'imprenditoria, l'ambasciatore americano, tre presidenti di Regione e via così, e le parole del premier riaprono a sorpresa una questione che pareva inabissata ma il Ponte che ancora non c'è e forse mai ci sarà viene comunque rispolverato: «La sua costruzione può creare 100 mila posti di lavoro».
INVERSIONE DI ROTTA
E ancora: «Se siete in condizione - dice Renzi rivolto a Pietro Salini, numero uno del gruppo - di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni, noi ci siamo». E «noi siamo sempre pronti», è la risposta dell'amministratore delegato di Salini-Impregilio. Dunque una inversione di rotta e una brusca accelerazione almeno verbale («E' solo propaganda per il referendum», accusano Brunetta e gli altri berlusconiani) da parte di Renzi il quale ha sempre detto (esempio: il 4 marzo 2016) che «prima del Ponte vanno rifatte le strade della Sicilia e della Calabria, perché sono indecenti».
E in passato non solo il premier ma l'intero centro-sinistra in opposizione a Berlusconi hanno detto cose così. «Progetto preoccupante e privo di fondamento concreto»: Massimo D'Alema, 4 dicembre 1998 (ma sempre lui il 24 marzo 2001 da presidente Ds in visita Sicilia: «Potrebbe diventare il simbolo di un nuovo Mezzogiorno» e tre anni dopo: «E' una roba sospesa nel nulla, non si farà mai»).
Romano Prodi, più coerentemente, non l'ha mai giudicato una «priorità». Un renziano doc, Roberto Giachetti, fu sferzante il 6 giugno del 2002: «I siciliani non hanno l'acqua ma presto, grazie al Ponte sullo Stretto, avranno una via di fuga». Dario Franceschini il 14 ottobre 2009 non usò mezzi termini contro l'annuncio di Berlusconi sull'inizio dei lavori (ora però gli azzurri si sono trasformati in No-Ponte): «E' una presa in giro inqualificabile».
PARABOLE
Renzi invece ha avuto una serie di detti e contraddetti: da «i soldi vadano alle scuole» al «preferiamo le unioni civili e la banda larga al Ponte sullo Stretto» (Leopolda, 2010), dal «si farà ma dopo aver risolto altre emergenze» (da Vespa, 7 novembre 2015) al non dev'essere una cattedrale nel deserto «ma va inserita nell'alta velocità fino a Catania e a Palermo». Ora con altissima velocità, il giorno successivo all'indicazione della data del voto referendario, il premier ha deciso di innamorarsi un po' di più del Ponte e di annunciare in pompa magna la sua nuova passione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero