Renzi-Merkel, la svolta non c'è: distanze su flessibilità e migranti

dal nostro inviato BERLINO «Siamo in un momento delicato della storia dell'Europa e io ne avverto tutta la responsabilità». «L'Italia è...

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dal nostro inviato
BERLINO «Siamo in un momento delicato della storia dell'Europa e io ne avverto tutta la responsabilità». «L'Italia è unita alla Germania nel dire che vogliamo più Europa, un'Europa capace di dare le risposte a tutti i problemi dall'immigrazione all'economia». Due anni dopo il primo incontro, Matteo Renzi varca a Berlino le vetrate della Cancelleria con un pizzico di baldanza in più. Non è più l'ennesimo presidente del Consiglio italiano che promette riforme, ma un leader che ha da snocciolare un lungo elenco di cose fatte anche se molte altre ne mancano ancora all'appello.


La Merkel anche questa volta non si sottrae dall'elogiare «il premier Renzi che è partito con un'agenda di riforme ambiziosa e il jobs act si muove nella direzione giusta» perché «il successo di queste riforme sarà un contributo importante all'Europa e all'Italia».

Sul tavolo delle due ore scarse di faccia a faccia, tutti i temi dell'agenda europea ma con un'attenzione particolare all'immigrazione, che molto sta a cuore alla Cancelliera, e alla flessibilità che resta il pallino del premier senza il quale rischia di dover fare per il prossimo anno una manovra lacrime e sangue. Al termine del pranzo i due leader si consegnano alle domande dei giornalisti preoccupandosi di cancellare ogni traccia di frizione. «C'è uno spirito europeo che ci unisce» e i colloqui «sono stati molto cordiali», afferma la Merkel che, stretta nella giaccia grigia, non toglie lo sguardo dall'ospite quando spiega che con Berlino «non siamo d'accordo su tutto perché proveniamo da diverse famiglie politiche. Ma crediamo insieme che combattere la disoccupazione è combattere il populismo. Il nostro avversario è lo stesso».

LOTTA AI POPULISMI
Le sensibilità restano però diverse quando si affronta il nodo della flessibilità che Renzi intende in via strutturale mentre la Commissione lo valuta come evento eccezionale. «Non stiamo chiedendo di cambiare le regole, ma che le regole siano applicate senza equivoci - ha sostenuto il premier che per bene due volte ha detto di parlare direttamente all'opinione pubblica tedesca», la stessa che preme sulla Cancelliera affinché metta fine all'arrivo di migranti. «La flessibilità è una condizione necessaria all'accordo che ha portato all'elezione di Juncker; io non ho cambiato idea sulla flessibilità, spero non lo abbia fatto Juncker». Il messaggio arriva forte e chiaro alle orecchie della Cancelliera che però non fa una piega: «La cosa bella è questa che quando si tratta della comunicazione di flessibilità entrambi accettiamo che ci siano interpretazioni della Commissione, ed è compito della Commissione decidere l'interpretazione».


Indebolita dalla vicenda migranti e dalla mancanza della Francia come sponda e asse dell'Europa politica, la Merkel cerca sponde anche nell'Italia che continua a mettersi di traverso sull'attuazione dell'accordo con la Turchia per gestire capi-profughi e non versa i 282 milioni di euro previsti prima che la Commissione non abbia messo nero su bianco che non verranno computati nel patto di stabilità. «L'Europa se perde Schengen perde sé stessa», sostiene Renzi. «Sui migranti faremo la nostra parte. Non abbiamo problemi né con la Turchia né con la Germania». «Stiamo aspettando che le istituzioni europee ci diano alcune risposte su alcuni quesiti formulati per le vie brevi. La Merkel non muove un ciglio ma il messaggio è stato recepito e per aver anche l'Italia a Londra alla conferenza dei donatori sulla Siria come annunciato dalla Cancelliera, a Bruxelles dovranno dovrà darsi da fare.
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Il Messaggero