Il piano Renzi: legge sui sindacati per superare i contratti nazionali

Il piano Renzi: legge sui sindacati per superare i contratti nazionali
ROMA - Stavolta si fa sul serio. Se non altro perché Matteo Renzi pensa di inserire la legge sulla rappresentanza sindacale nel pacchetto di riforme da presentare a Bruxelles e...

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ROMA - Stavolta si fa sul serio. Se non altro perché Matteo Renzi pensa di inserire la legge sulla rappresentanza sindacale nel pacchetto di riforme da presentare a Bruxelles e Francoforte per spuntare il via libera alla riduzione delle tasse. Il meccanismo messo in piedi da palazzo Chigi con gli eurocrati della Commissione sembra funzionare: riforme in cambio di flessibilità. E se lo scorso anno il Jobs Act fu un buon argomento, altrettanto lo è la legge sulla rappresentanza sindacale che ieri il presidente del Consiglio ha riproposto come urgenza rispondendo ai lettori dell'Unità.


PESO

I progetti giacciono nei cassetti da diverso tempo. Al Senato il professor Pietro Ichino ha depositato il suo, mentre alla Camera il testo messo a punto dall'ex ministro Cesare Damiano ha appena avviato l'iter in commissione, anche se è sempre possibile un'iniziativa del governo. La ”pratica” è sulla scrivania del ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio che di recente, ed in occasione degli scioperi che hanno bloccato Fiumicino, ha citato espressamente il disegno di legge di Ichino.



Nei giorni scorsi i due si sono incontrati più volte. L'idea è quella di mettere a punto un pacchetto che disciplini per la prima volta il peso della rappresentanza sindacale, in attuazione dell'articolo 39 della Costituzione, con norme che rivedano la legge 146 del '90 sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. La proposta di Ichino è di tipo maggioritario e prevede che il contratto collettivo stipulato dalla coalizione di sindacati che abbia avuto la maggioranza dei consensi nell'ultima consultazione deve valere nei confronti di tutti i dipendenti dell'azienda. Nel testo si riconosce rappresentanza nella contrattazione nazionale ai sindacati che superano il 5% tra iscritti e voti, mentre i contratti si applicano solo nel caso in cui il 50% più uno della rappresentanza sia d'accordo. Il pezzo forte della riforma, e nodo che interessa particolarmente Bruxelles e Francoforte, è però un altro. Riguarda la possibilità di derogare, in sede di accordo aziendale, al contratto nazionale. Questo è il punto della riforma che interessa di più il presidente del Consiglio che lo ritiene un vero e proprio «sblocca-Italia» in grado di rendere il Meridione nuovamente appetibile per gli investitori. A palazzo Chigi si è convinti che, finita l'era della cassa del Mezzogiorno e degli incentivi pubblici, la flessibilità salariale sia l'unica strada percorribile per evitare il continuo depauperamento delle regioni del Sud. Il contemporaneo annuncio della legge sulla rappresentanza con la convocazione per il 7 agosto di una riunione della direzione del Pd per discutere dei problemi del Mezzogiorno, rende evidente l'intenzione del governo di voler procedere spediti sulla strada che a modo suo l'ad di Fca, Sergio Marchionne, ha già battuto.



Per l'Italia si tratterebbe di una rivoluzione non da poco vista la preminenza della contrattazione nazionale che in questi ultimi anni ha reso costosissimo investire nel Mezzogiorno. D'altra parte per Renzi si tratta di prendere atto della situazione esistente e del differente potere d'acquisto esistente tra Nord e Sud del Paese. A premere affinché l'Italia attui ciò che la Germania ha già fatto una decina d'anni fa, è anche il presidente della Bce Mario Draghi che di recente ha invitato Italia e Spagna a procedere sulla strada della flessibilità. «La contrattazione aziendale frena i licenziamenti» ha sostenuto Draghi lo scorso mese di maggio intervenendo per la prima volta su un tema che sinora è stato di stretta competenza sindacale. Allora, come ieri dopo la sortita di Renzi, è stata immediata la levata di scudi dei sindacati.



ITER


Il rischio di un nuovo scontro tra sindacati e palazzo Chigi, simile a quello avvenuto sul jobs act, spinge alla cautela il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano. «Si può cominciare recependo l'accordo interconfederale che regola la rappresentanza e successivamente aprire un confronto con i sindacati per rivedere la legge sullo sciopero del '90». L'iter proposto dall'ex ministro potrebbe non dispiacere a palazzo Chigi a patto però di non finire nuovamente nella palude e nei veti incrociati di Cgil, Cisl e Uil che vorrebbero - e al tempo stesso temono sia pur per differenti motivi - una legge sulla rappresentanza. Renzi anche stavolta ha però fretta e vorrebbe arrivare prima della fine dell'anno ad una legge sulla rappresentanza che impedisca a molte microbiche sigle sindacali professionali, di mettere il Paese in ginocchio. Il volano per accelerare il tutto sta anche nella riforma della Pubblica amministrazione tanto attesa dai tre sindacati confederali. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero