Un finto duello in tv per una sfida elettorale senza pathos. O quasi. Scatta il rush finale, a 10 giorni dall'appuntamento con le urne e sotto l'ombra dell'incubo...
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Nulla di elettrizzante, al dunque, almeno per chi ama lo scontro diretto e i suoi potenziali imprevisti. In generale, in questo testa a testa fra over 60, Corbyn è parso più a suo agio, calmo, empatico col pubblico, oltre che determinato a difendere anche i punti più controversi del programma, sebbene alcuni commentatori lo abbiano giudicato a caldo vago su diverse questioni.
Le rilevazioni più fresche sono concordi nell'indicare una buona (e per molti inattesa) ripresa del Labour, ma lo scarto minimo resta intorno ai 6-7%: sufficiente a non turbare troppo i sonni della premier in carica, anche se forse non a garantirle quel trionfo a valanga che si dava pressoché per scontato. Ier sera ha dovuto difendersi dalle accuse di alcuni spettatori sui tagli alla polizia, sullo sfondo dello sgomento provocato dal sanguinoso attentato di Manchester, una settimana fa. Mentre ha insistito a far leva sul dossier Brexit, presentandosi ancora una volta come garante d'un addio da Bruxelles che si riveli «un successo» e sia in linea con l'interesse nazionale. Ma ha pure ripetuto che «nessun accordo è meglio d'un cattivo accordo». Il leader laburista - preso di mira per la sua storica militanza pacifista ultrà e le frequentazioni con palestinesi e repubblicani nordirlandesi - ha viceversa assicurato di non essere in nessun modo a favore di una linea «soft» sul terrorismo, pur insistendo sulla necessità di una politica estera diversa, che non destabilizzi i Paesi attraverso gli interventi militari, e che metta al primo posto l'impegno per tagliare il passaggio di fondi e armi all'Isis e per «un processo di pace in Siria o in Libia». Mentre sulla Brexit ha promesso a sua volta di voler rispettare il risultato del referendum del 23 giugno 2016, ma dicendo no a un divorzio da Bruxelles «senza accordo».
Sulla politica economica (cavallo di battaglia d'un Labour riorientato a sinistra che si gioca il tutto per tutto con un programma anti-austerità i cui costi potrebbero far saltare il banco, stando ai detrattori) ha infine rivendicato fra gli applausi come suo vero obiettivo «la giustizia sociale», con una riduzione delle «accresciute disuguaglianze fra ricchi e poveri». Quanto a un'ipotetica abolizione della monarchia, Corbyn, vecchio repubblicano, ha tagliato corto che «non si farà», aggiungendo con un sorriso di avere un eccellente rapporto con la regina. Ai prossimi sondaggi il compito di dire chi sia stato più convincente. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero