Il rebus astensione e il caso impresentabili, le tensioni nel Pd e la polemica sul silenzio elettorale, con Matteo Renzi accusato dalle opposizioni di averlo violato con il suo...
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Sette Regioni che, da lunedì, saranno un indicatore importante sia dello stato di salute del Pd sia degli stravolgimenti in atto in un centrodestra dove forte è l'ascesa della Lega. Un voto che, per il presidente del Consiglio, non comporterà tuttavia alcuna conseguenza sul governo. «Non è un test su di me», assicura Renzi. Eppure è proprio il Pd l'indiscusso protagonista delle ultime ore pre-voto: la 'black list' diramata ieri dalla presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi, che include il candidato Dem in Campania Vincenzo De Luca, ha scatenato l'ira del premier e dei renziani (mentre oggi anche l'ex capogruppo Roberto Speranza difende il sindaco di Salerno), preoccupati da una sua ricaduta sul voto (a partire dalla portata dell'astensionismo) in Campania ma anche in Liguria.
Sono queste due, infatti, le 'osservate specialì delle Regionali: la prima con un candidato Pd, De Luca, sul quale pesa, oltre alla lista di Bindi, la spada di Damocle della legge Severino; la seconda teatro della prima, vera scissione a sinistra di una parte del Pd. In entrambe, la vittoria dei Dem è in bilico. In entrambe, oltre al centrodestra (Stefano Caldoro in Campania, Giovanni Toti in Liguria), i democratici devono guardarsi dalla variabile M5S. Renzi, da Trento, si dice «ottimista come sempre» ma, nel frattempo, il 'casò impresentabili impazza anche fuori dalla politica. Roberto Saviano (tra i primi a puntare il dito contro alcuni candidati a sostegno di De Luca), in un editoriale su La Repubblica definisce quello dell'Antimafia «un rimedio grottesco a scelte sbagliate» mentre il presidente della Cei, card.
Angelo Bagnasco definisce quella degli impresentabili «una questione seria che deve essere risolta sempre meglio sul piano giuridico, legale, politico, legislativo».
Il Messaggero