Ratko Mladic, l'ex generale comandante delle truppe serbo-bosniache, impersona più di ogni altro il dramma e le atrocità della guerra di Bosnia, che dal 1992 al...
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La sua storia, tra crimini efferati e la latitanza rocambolesca, ha segnato uno dei periodi più tragici vissuti dal Vecchio continente nel secolo scorso. Catturato il 26 maggio 2011 in un villaggio nel nord della Serbia dopo 16 anni di latitanza, Mladic, che ora ha 75 anni, è conosciuto con soprannomi poco edificanti quali "boia di Srebrenica" e "macellaio dei Balcanì", a causa dei crimini efferati per i quali è stato condannato oggi al carcere a vita.
In primo luogo il massacro di 8 mila musulmani a Srebrenica nel luglio 1995, il crimine peggiore in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, definito genocidio dalla giustizia internazionale. E con esso il lungo e sanguinoso assedio di Sarajevo con quasi 12 mila morti e oltre 50 mila feriti e mutilati in 43 mesi di drammatici bombardamenti e attentati ai danni della popolazione inerme. Ma anche persecuzioni, stupri di massa, pulizia etnica e altri pesanti crimini di cui si è macchiato durante la sua carriera militare.
Nato il 12 marzo 1942 a Bozinovici, a sud di Sarajevo, a soli due anni perse il padre, ucciso dagli ustascia croati alleati dei nazifascisti, e per tutta la vita odierà sia i croati che i musulmani.
Con lui tornarono in Europa i campi di concentramento nei quali migliaia di prigionieri venivano picchiati, torturati e uccisi. Il massacro di Srebrenica resterà una pagina buia nella storia dell'Europa, la cui drammaticità è testimoniata dalle migliaia di inquietanti stele bianche del cimitero-memoriale di Potocari, alle porte della cittadina martire. Dopo la fine della guerra, sancita dagli accordi di Dayton nel novembre 1995, Mladic fece perdere le sue tracce nel 1996, dando il via a una lunga e avventurosa latitanza, favorita anche dagli appoggi e dalle coperture di cui godeva fra le Forze armate serbe, i servizi segreti e gli ambienti politici conservatori a Belgrado.
Dopo la sua cattura nel maggio 2011 e la consegna al Tpi, il processo a suo carico si aprì un anno dopo. Negli ultimi anni il suo stato di salute si è andato via via deteriorando, ed è stato colpito tra l'altro da due ictus e un infarto. I giudici dell'Aja tuttavia hanno sempre respinto le richieste della difesa per un rilascio temporaneo dell'ex generale al fine di sottoporsi a cure in Serbia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero