ROMA «Fin dall'inizio, ho avuto tutti i partiti contro». E ora, per Antonio Campo Dall'Orto alla Rai, siamo alla fine. Con un'azienda, già...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
I TEMPI
Un'uscita senza alcun ripensamento, senza una coda di resistenza, come qualche amico gli starebbe consigliando di adottare e qualche nemico, nel Pd, paventa? «Nessuna retromarcia», dice l'amministratore delegato ormai di fatto ex: «Soltanto un bel basta!». E pensare che CDO, questo l'acronimo del suo cognome, non è tipo da punti esclamativi. Non è persona incline a uscite altisonanti né a fare esplodere la rabbia, sentimento che finora gli è stato sconosciuto. Però, stavolta, come si fa a restare zen? Se avesse potuto, sarebbe corso subito da Padoan a dirgli che the game is over ma quando ci andrà non è detto che il ministro non proverà a chiedergli di restare almeno per il G7. O magari gli dirà di temporeggiare ancora un po', visto che è in corso la trattativa politica sulla legge elettorale a cui è connessa naturalmente la data del voto, che potrebbe essere a ottobre. Dopo di che la patata bollente della Rai passerebbe al nuovo governo. Ma l'ipotesi del remain, in questa aria da exit, è difficile che s'imponga.
Al momento oltre che partire dalla Rai, CDO sta volando verso Palermo, per presenziare al fianco della nemicissima Maggioni alla super-serata Rai per i 25 anni dalla morte di Falcone. Poi è intenzionato a staccare la spina. Convinto che è andata come è andata, cioè male, e che ha vinto il «lato oscuro della forza» (per dirla con lo slang Guerre Stellari) incarnato, a suo dire, dai partiti che non lo hanno lasciato lavorare. A cominciare dal Pd, che lo ha voluto ma poi non più nel posto che sta per lasciare. «Non ci sono più le condizioni per andare avanti», è il suo sfogo dopo la sfiducia. Sulla quale le impronte digitali di Renzi, che ha avviato la manovra, non ci sono, e infatti il renzianissimo consigliere Guelfi è l'unico ad aver votato in favore di CDO. Ma ci sono quelle, che poi è lo stesso, di Orfini tramite la sua longa manus in Cda ossia la giovane e inesperta Borioni, e del sottosegretario Giacomelli mediante il consigliere Siddi.
L'ILLUSIONE
La linea CDO è quella che così riferisce ai suoi: «Non intendo arrecare danno all'azienda». Soprattutto, l'ad che ha sempre ripetuto che sarebbe andato avanti finché ne vedeva la possibilità, ha azzardato ieri la carta del voto sul piano informativo - che avrebbe potuto rimandare - per fare chiarezza e la chiarezza gli ha giocato contro. Quando è stato bocciato il suo piano in Cda, è parso impassibile: «Procediamo con gli altri punti». I consiglieri sono rimasti di sasso: «Ma come, ti abbiamo sfiduciato e fai come se nulla fosse?». Sì, perché questa storia di una fine annunciata non è stata certo una sorpresa per lui. Nelle ultime settimane, CDO ha passato gran parte del tempo a cercare di capire, leggendo le dichiarazioni sulle agenzie e i retroscena sui giornali, le mosse degli altri, quelle della Maggioni, quelle dei consiglieri di maggioranza e di opposizione, le strategie d'assalto e le possibili contromosse. Che a nulla sono servite. E ora sarà contenuto in non più di cinque o sei scatoloni il passato di un'illusione, quella di essere l'uomo giusto per un'azienda complicata. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero