Che Virginia Raggi, grillina doc, inciampi proprio sul decreto trasparenza ha il sapore del contrappasso. La candidata alla poltrona di sindaco della Capitale si ribella contro...
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Così, se eletta sindaco, non solo potrebbe trovarsi subito coinvolta in una vicenda giudiziaria, ma dovrebbe anche sanzionare se stessa, perché spetta al Comune pretendere dal consigliere che ha reso false attestazioni il pagamento dell'ammenda: tra 500 e 3mila euro.
La legge sulla trasparenza, che dovrebbe rappresentare la bibbia di ogni politico, è entrata in vigore il 5 aprile 2013. Sull'interpretazione dell'articolo 14 non ci sono dubbi: «Con riferimento ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, le amministrazioni pubblicano, con riferimento a tutti i propri componenti, i seguenti documenti e informazioni»: nell'elenco rientrano anche «i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, e i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti», che vengono richiesti agli interessati con un'autocertificazione.
LE SOMME SPETTANTI
Nel caso della Raggi, è arrivato poco o nulla. La candidata sostiene di non avere fatto riferimento al mandato ricevuto dalla Asl di Civitavecchia perché i compensi non le erano stati corrisposti. Ma il comma successivo non lascia spazio a interpretazioni, da consigliere comunale avrebbe dovuto comunicare «altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti». Possibile che un avvocato esperto non conosca la differenza tra le somme spettanti e quelle corrisposte?
Che tutta questa storia finisca sulla scrivania dei magistrati romani sembra scontato. Il falso in un atto pubblico emerge come l'ipotesi più evidente e, se pure il procuratore Giuseppe Pignatone non aprirà d'ufficio il fascicolo sulla base delle notizie di stampa, gli esposti non tarderanno ad arrivare. E allora l'indagine sarà un atto dovuto. Poi saranno i magistrati a stabilire se la dichiarazione dell'ex consigliera comunale che alla pubblica amministrazione ha dichiarato di non avere altri incarichi, sia un falso in atto pubblico o meno. In caso affermativo rischierebbe una pena compresa tra uno e sei anni. Oppure una multa.
Intanto anche l'Anac, l'autorità anticorruzione, in base alla presunta violazione delle norme sulla trasparenza verrà probabilmente chiamata ad aprire un'istruttoria per fare chiarezza sul comportamento della candidata sindaco.
LE ASSEGNAZIONI
Sono due gli incarichi di Virginia Raggi finiti sotto accusa. Entrambi assegnati dalla Asl di Civitavecchia. Nel 2012, quando l'avvocatessa riceve il mandato di recuperare 165mila euro degli oltre 2 milioni che tale Giuseppe Crocchianti dovrebbe restituire all'amministrazione per fatture gonfiate, non esiste ancora un albo dei professionisti, creato dalla Asl qualche mese dopo. Ottomila euro di parcella, della quale, finora, sono stati pagati mille e 800 euro. Nel 2013, Virginia Raggi è consigliere comunale, ma omette di dichiarare l'incarico. L'ammissione arriverà solo nel 2015 e riguarderà i soldi ricevuti. Del mandato successivo, affidato nel 2014, sebbene la Raggi non sia iscritta all'albo dei professionisti ai quali dovrebbe attenersi la Asl, la consigliera non ha mai fatto menzione, i 5mila euro non le sono stati corrisposti e sostiene di non avere capito cosa prevede la norma.
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Il Messaggero