Un cuore rosso appeso al parabrezza del taxi, accento napoletano. Erano gli unici due indizi (uno dei quali in realtà fuorviante) a disposizione degli investigatori per...
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"DENUNCIARE E' UNA TERAPIA"
Stesse modalità, medesimo approccio. La prima volta a luglio 2016, il secondo episodio lo scorso 11 novembre. «Gli investigatori sono partiti da pochissimi elementi. La ragazza italiana che ha denunciato l'aggressione due mesi fa ricordava solo di aver subito una violenza, niente altro. Partendo da qui, siamo risaliti a un caso del 2016 dello stesso autore e con le stesse tecniche», spiega il procuratore aggiunto Letizia Mannella. Che sottolinea: «È importante denunciare perchè la conoscenza rappresenta una medicina per evitare altri episodi di violenza e far si che altre prede abbiamo il coraggio di denunciare. Per le vittime è una terapia poter assicurare i responsabili alla giustizia».
ALTRE VITTIME
Le indagini, come spiega il capo della mobile Lorenzo Bucossi, sono partite focalizzandosi sui tassisti abusivi che ruotano attorno alla discoteca Old fashon. Il cerchio si è stretto su una quindicina di auto, alla fine è stato identificato il responsabile proprio grazie a un particolare: il cuore rosso attaccato al parabrezza. E l'analisi del dna ha confermato i sospetti. «A depistare, all'inizio, è stato il particolare dell'accento napoletano. In realtà l'aggressore è albanese, ma ha vissuto a lungo in Campania». Ha precedenti per reati patrimoniali, lavorava nella pizzeria di famiglia e come seconda attività si era improvvisato autista abusivo al volante della sua Punto. Ma quando sono salite le due ragazze non ha esitato ad approfiffare della situazione: a causa dell'ora tarda (tra le tre e le quattro del mattino) e di qualche bicchiere di troppo le ventenni erano assopite, quindi in condizione di minorata difesa. Ora il timore degli investigatori è che altre giovani siano state stuprate dall'uomo. «Tutte e due le ragazze si sono ricordate di un cuore rosso all'interno del taxi. Forse questo particolare servirà risvegliare la memoria di qualche altra donna che ha vissuto un'analoga vicenda», è l'appello del pm Gianluca Prisco. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero