Matteo Renzi ha accolto «molto positivamente» la nota del Quirinale in cui non viene né confermato, né smentito l'addio di Giorgio Napolitano a fine dicembre: «Ha...
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Eppure, nonostante il dispiacere e il disappunto di dover presto fare a meno di «un fondamentale punto di riferimento», Renzi ha cominciato a studiare il dossier per la successione. La partita è troppo complessa e delicata, visti i precedenti, per farsi cogliere impreparato. Ebbene, per prima cosa il premier, parlando con i suoi, ha fatto capire che vorrà avere un ruolo decisorio e decisivo nella scelta del nuovo capo dello Stato, «nel rispetto del principio della massima condivisione possibile».
«Siamo il primo partito e in Parlamento siamo determinanti», spiega uno dei collaboratori più stretti del premier e segretario del Pd, «dunque per forza di cose non passerà mai un Presidente che non piaccia al Pd. Condivideremo la scelta, ma di certo il Parlamento non eleggerà un capo dello Stato a noi sgradito». In estrema sintesi: «Il futuro Presidente dovrà godere della stima ed essere in sintonia con Renzi».
Un ragionamento che Silvio Berlusconi, l'altro grande elettore se alla fine siglerà l'intesa sulla legge elettorale, ha già ben compreso. Tant'è, che ai suoi ha dato un'indicazione attendista: «Non possiamo far altro che aspettare e vedere cosa ci proporrà Renzi, le carte le dà lui. Ma per ora teniamoci Napolitano, sperando che tenga il più a lungo possibile». Pausa, sorriso sornione: «In ogni caso alla fine Renzi e il Pd dovranno venire a bussare da noi. L'hanno dovuto fare l'ultima volta, lo dovranno fare a maggior ragione la prossima visto che sono divisi...».
Si vedrà. Per ora c'è chi giura - tra chi gli ha parlato nelle ultime ore - che Renzi avrebbe già in tasca il nome del prossimo capo dello Stato. Ma che lo terrà coperto anzi, «copertissimo», fino all'ultimo momento utile. Fino a quando non si abbasserà il quorum alla quarta votazione, passando da una maggioranza dei due-terzi dei 1008 grandi elettori, alla maggioranza assoluta. «L'errore di Bersani nel 2013», argomenta un fedelissimo di Renzi, «è stato quello di aver proposto Marini come candidato bipartisan alla prima votazione, se l'avesse fatto alla quarta sarebbe stato eletto. Non dobbiamo assolutamente ripetere l'errore di bruciare uno dei nostri».
L'IDENTIKIT
Il nome che avrebbe già in tasca Renzi sarebbe «accattivante». Traduzione: un nome fresco, giovane (per quanto possa essere giovane chi ha più di 50 anni) e possibilmente di una donna. Un identikit che garantirebbe doti di neutralità, ma anche una certa duttilità che permetterebbe al premier di portare sul Quirinale una personalità fidata e affidabile. Del resto la storia repubblicana è costellata di Presidenti un tantino grigi, eletti dai leader di partito nella convinzione di poterli controllare, mentre candidati con spiccata personalità ed elevato status si sono arenati.
Salvo poi scoprire però, come è accaduto con Oscar Luigi Scalfaro e con Francesco Cossiga, forti personalità anche in presidenti ritenuti inizialmente grigi e neutri. Ecco, allora, che tra i nomi finiti nella cartellina di Renzi non ci sarebbe Romano Prodi, ma neppure Mario Draghi il cui sbarco al Quirinale rappresenterebbe una sorta di commissariamento targato Bce e Cancellerie europee. E neppure Anna Finocchiaro, Pietro Grasso (con cui Renzi ha spesso duellato per la gestione del Senato), e Laura Boldrini. Più probabili invece il ministro della Difesa Roberta Pinotti, l'ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti e i renziani Piero Fassino e Paolo Gentiloni.
E ci sono anche gli outsider come Pier Ferdinando Casini. In pole sembra essere Walter Veltroni, un candidato gradito a Berlusconi: «Se lo proponi, lo voto, Veltroni è stato il primo a riconoscermi legittimità politica», ha detto l'ex Cavaliere in uno degli ultimi incontri, premettendo che il suo candidato preferito è Giuliano Amato. «Ma è tutto aperto, siamo alle battute iniziali», dicono a palazzo Chigi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero