Era lo jihadista della porta accanto. Un bravo ragazzo con «il viso da bambino», come raccontò la signora che lo aveva accolto in casa propria perché...
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"Mido" è in carcere da aprile. I carabinieri del Ros indagavano dai primi mesi del 2016: avevano trovato un profilo Facebook intestato a un tale "Salah deen". Nel settembre dello stesso anno si aggiunse l'Fbi. Il monitoraggio di una chat molto frequentata sulla piattaforma Zello (gli iscritti erano 12 mila) aveva portato, infatti, alla scoperta dell'account 'Ibndawlà, riconducibile a un'utenza torinese. El Aoual era stato un fantasma. Per nove anni è riuscito a vivere nella quasi clandestinità, a muoversi e comunicare senza lasciare tracce di sé, e persino a sottrarsi a un provvedimento di espulsione spiccato dopo un controllo dalla questura di Trieste nel 2012. A Torino conquistò la fiducia di un'anziana vedova: "Dormiva fuori dalla moschea - raccontò la donna - e non aveva da mangiare. Mio figliò diventò suo amico, si intenerì e lo portò in casa da noi. Mi chiamava mamma". Fra una spesa e una commissione, Mido trovava il tempo e il modo di autoproclamarsi - all'insaputa della sua nuova famiglia - portavoce ufficiale dello Stato islamico, di pubblicare notiziari, di applaudire agli attentati, di augurarsi che i nemici venissero uccisi "come branchi di mucche".
L'Fbi arrivò a sospettare che fosse direttamente coinvolto in qualche azione.
Il Messaggero