Lega, processo «The Family» a rischio se il Carroccio non querela Bossi

Lega, processo «The Family» a rischio se il Carroccio non querela Bossi
MILANO Potrebbe chiudersi con un non luogo a procedere il processo d’Appello «The Family» nei confronti di Umberto Bossi, del figlio Renzo e dell’ex...

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MILANO Potrebbe chiudersi con un non luogo a procedere il processo d’Appello «The Family» nei confronti di Umberto Bossi, del figlio Renzo e dell’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, accusati di aver usato i soldi del partito per spese personali. Dai lavori di ristrutturazione della villetta di Gemonio del fondatore della Lega, alla laurea in Albania, oltre a spese mediche e multe: l’elenco degli esborsi che sarebbero stati coperti con i fondi del Carroccio è lungo e a luglio dell’anno scorso sono arrivate le condanne in primo grado, 2 anni e 3 mesi per Bossi senior, 1 anno e 6 mesi per il figlio, 2 anni e 6 mesi per Belsito. La prima udienza del processo di secondo grado è fissata per il 10 ottobre ma, per effetto di una modifica al codice penale entrata in vigore con il governo Gentiloni, il procedimento potrebbe chiudersi qui.


SERVE UNA QUERELA DELLA LEGA
In base alla nuove norma entrata in vigore lo scorso maggio, infatti, affinché il processo prosegua la Lega dovrebbe sporgere querela per il reato di appropriazione indebita con l’aggravante contestata a Bossi, attualmente senatore e presidente del partito, al figlio e all’ex tesoriere e che in passato ha permesso ai pm di procedere d’ufficio. Querela che al momento, da quanto è stato riferito, non è stata presa in considerazione. Dunque, se così fosse, il processo si chiuderebbe per un difetto di procedibilità. Da quanto è stato fatto notare la Lega originariamente si era costituita con l’avvocato Domenico Aiello davanti al gup di Milano, ma poi nel corso dell’udienza preliminare al legale venne revocato il mandato e il partito rinunciò a essere parte civile e a chiedere quindi i danni al suo fondatore. Il giudizio di primo grado si è concluso circa un anno fa con le condanne dei tre imputati. Secondo le motivazioni della sentenza del giudice Maria Luisa Balzarotti, depositate sei mesi fa, Umberto Bossi sarebbe stato «consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro» della Lega, ma proveniente «dalle casse dello Stato», «per coprire spese di esclusivo interesse personale» suo e della sua «famiglia». Condotte, ha sottolineato il giudice, portate avanti «nell’ambito di un movimento» cresciuto «raccogliendo consensi» come opposizione «al malcostume dei partiti tradizionali».

LAUREA A TIRANA

Stando alle indagini dell’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano, tra il 2009 e il 2011 Belsito si sarebbe appropriato di circa 2,4 milioni di euro e l’ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208 mila euro. Mentre a Renzo Bossi erano stati addebitati più di 145 mila euro, tra cui migliaia di euro in multe, 48 mila euro per comprare un’auto e 77 mila euro per l’ormai famosa laurea all’università di Tirana. Per la stessa vicenda Riccardo Bossi, il primogenito del Senatur, è stato condannato in primo grado e con rito abbreviato a un anno e otto mesi nel marzo 2016: avrebbe messo in conto alla Lega 158 mila euro per spese personali. A ottobre, quando si aprirà l’udienza in Appello, i giudici fisseranno i termini affinché il Carroccio presenti un’eventuale querela. Atto che per ora, a quanto trapela, non è stato preso in considerazione.
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Il Messaggero