MILANO "Sono stato pressato, abbindolato, ingiustamente accusato". Il professor Severino Antinori esce indignato dall'aula al terzo piano del palazzo di giustizia di...
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"FORTE ATTRAZIONE"
E' la giornata di Severino Antinori nel processo che lo vede imputato per violenza privata, sequestro di persona, lesioni personali aggravate, falso materiale e ideologico ed estorsione: stando alle accuse, avrebbe immobilizzato, sedato e prelevato otto gameti ad Hanae M., che nell'aprile 2015 era ricoverata alla struttura privata di Antinori, la clinica Matris di Milano, per una cisti ovarica. "Ho conosciuto la ragazza in un club di Siviglia nel dicembre 2015, dove mi venne presentata da un amica", spiega Antinori rispondendo alle domande dei pm Maura Ripamonti e Leonardo Nessi. "Ho notato subito che aveva una forte attrazione per me. Mi prese per mano e mi portò nella mia camera di albergo. Lei voleva avere un rapporto. Io inizialmente rifiutai, ma lei insisteva. Così, dopo qualche ora, mi sono sentito costretto. Dopodiché l'ho mandata via dall'hotel pregandola di non richiamarmi. Per metterla sul taxi, ho dovuto chiedere aiuto alla security dell'albergo".
"ERA PIU' VECCHIO DI MIO PADRE"
Una versione antitetica rispetto a quella fornita il 9 marzo scorso in aula dalla presunta vittima: "Antinori mi abbracciò e mi chiese di fare sesso con lui, io gli risposi che era più vecchio di mio padre e che non volevo farlo". Ma oggi il ginecologo ha ribadito di aver avuto un rapporto sessuale con la ragazza nell'hotel di Siviglia, citando un altro episodio analogo, questa volta avvenuto a Milano nel marzo 2015. "Una sera ero con la mia compagna di allora all'Hotel Marriot dove soggiornavo. La spagnola entrò nella mia stanza e mi ha tirato giù i pantaloni. Io ero infuriato. Poi mi accorsi che mi erano spariti un orologio Rolex e 700 euro. Lei era molto attratta dai Rolex. E aveva bisogno di soldi, mi chiedeva sempre denaro. Una volta mi supplicò, spiegandomi che sua madre stava morendo. Le diedi 2.000 euro".
Ma davanti ai giudici dell'ottava sezione penale presieduti da Luisa Ponti, che poco meno di tre mesi fa l'hanno ascoltata in audizione protetta, la giovane infermiera ha raccontato una storia ben diversa. "Sono arrivata nel marzo 2016 in Italia da Malaga", in Spagna, per "lavorare e anche per donare gli ovuli" e per questo "ho contattato telefonicamente Antinori". In quell’occasione, dice, si sarebbe finta un’altra persona per poter parlare con lui. "Non sono mai stata a Siviglia - sottolinea - Al telefono ho finto di essere la mia amica Rabab, che Antinori aveva conosciuto in un locale notturno, con l’obiettivo di parlare con il ginecologo". Hanae, inoltre, non ha riconosciuto come sue le firme presenti sui moduli del consenso informato all’operazione del 5 aprile 2016 che le sono stati sottoposti in aula dal presidente del collegio.
"Non è la mia firma", ha assicurato, precisando di avere detto ad Antinori il giorno dell’operazione che non voleva `firmare niente´ poiche' il prelievo di ovuli "non è permesso dalla mia religione e avevo paura di non potere più avere dei figli".
Il Messaggero