Dopo tutto quello che è accaduto a Roma, non poteva che andare così. La disaffezione, e la rabbia, verso la politica hanno soffiato forte in questi ultimi anni....
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Dunque, era difficile immaginarsi una partecipazione più consistente di questa, assai risicata, che ha riguardato gli elettori andati ai gazebo per scegliere il candidato sindaco dei democrat. Ma proprio la scarsa affluenza è la prova più clamorosa e più dolorosa che la patologia che aggredisce Roma non si è rimarginata.
Urbe che nel 2013 ha raggiunto quota centomila e stavolta si è dimezzata. Il confronto tra le due città è impietoso. E il flop romano non va letto, in qualche modo minimizzandolo, come la punizione per la cacciata del sindaco Marino e della sua giunta ad opera del suo partito, a cui è seguito il commissariamento. C’è il segno di una frattura più profonda in queste primarie romane. Che al di là della qualità dei personaggi in scena, si sono rivelate uno schiaffo non in generale al Pd - che nel resto d’Italia è stato capace di mobilitare il proprio popolo - ma al Pd di Roma. Come simbolo di un partito non funzionante, che è stato terminale di logiche clientelari e luogo di intreccio con il sistema politico-amministrativo più oscuro che ha spolpato questa città.
A non portare i cittadini ai gazebo è stato il disgusto verso questi poteri marci. Che comunque, nelle periferie, hanno forse mostrato di non voler mollare la presa. In sede di analisi del voto più a fredde e più ragionate, si vedrà se è davvero così. Ma viene il dubbio che nel flusso, per quanto scarso, di elettori ai gazebo delle periferie ci possa essere lo zampino inquietante dell’apparato correntizio, dei capibastone di sempre, indeboliti da Mafia Capitale ma non disposti ad arrendersi definitivamente.
Il grumo Capitale ha prodotto il grande vuoto che è sotto gli occhi di tutti. E adesso il vincitore della consultazione non può che partire da una lettura attenta di ciò che è accaduto a Roma in questi anni e di cui sono specchio queste primarie. Deve lavorare celermente, e con pochissimo tempo a disposizione, per un’operazione di recupero della fiducia. Ben sapendo che la sfiducia è il vero tallone d’Achille di tutti i partiti, e soprattutto di quello che ha guidato - si fa per dire - il Campidoglio nell’ultima sindacatura, tra inazione e scandali. L’anti-politica ha diversi volti. Può avere quello del voto di protesta o quello, macroscopico come in questa occasione, del non voto. Nessun comportamento elettorale è censurabile. E ciascuno di questi, se non ben valutato e vissuto come forte campanello d’allarme, può inasprirsi ancora di più. Rischiando di staccare la spina a una città che invece ha bisogno di tutta la nuova energia che si merita. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero