È stata depositata questa mattina al Senato una mozione di sfiducia nel confronti del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, firmata dai senatori di Sinistra italiana, del...
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In particolare - si legge nella nota di Sinistra Italiana - la mozione di sfiducia ricorda la dichiarazione «inaccettabile e che compromette la libertà di voto dei cittadini» del Ministro Poletti sulla possibilità di evitare il referendum sul Jobs Act grazie allo scioglimento delle Camere e alla convocazione delle elezioni politiche, e le «affermazioni gravissime» dello stesso Ministro sui giovani italiani costretti a cercare lavoro all'estero.
Intanto impazzano sul web le polemiche sul ministro del lavoro Giuliano Poletti e coinvolgono anche il figlio nelle critiche. Un mare di commenti, circa 2.200, seguono la dichiarazione video fatta ieri dal ministro su Facebook per scusarsi e spiegare, contestualizzando, cosa avrebbe voluto dire sui giovani che vanno all'estero. Ma nel mirino rimane in maniera particolare il figlio Manuel Poletti che oggi in una intervista al Il Fatto Quotidiano, ribadisce quanto affermato dal padre: 'Quelli che vanno via - titola il quotidiano - non sono tutti cervellì. L'accento di alcuni giornali, ma anche sui social network, è sul fatto che Manuel è direttore di Setteserequi, il settimanale della provincia di Ravenna che ha ottenuto in tre anni oltre mezzo milione di euro di contributi pubblici. Così è diventato bersaglio delle critiche nei tweet con hastag #Polettidimettiti e #Polettifuoridaipiedi. 'Io mi sporco anche le mani, vado in tipografia - risponde il figlio nell'intervista al Fatto - e carico in auto i giornali. Da 20 anni faccio il giornalista. Nella nostra cooperativa abbiamo soltanto contratti part-time. Io guadagno circa 1.800 euro al mesè. Manuel Poletti conferma comunque l'importanza del contributo pubblico. Setteserequi sopravvive anche con il denaro pubblico? Gli viene chiesto. 'Vero - risponde - rispettando la legge. Il governo Renzi però ci ha rovinato. Ha gestito il fondo per l'editoria con tagli retroattivi, dopo che nel 2012 la riforma Peluffo aveva già ridotto giustamente le risorse cambiando i criterì. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero