Pizzarotti sbatte la porta: «Sono un uomo libero, impossibile stare in questo movimento»

Pizzarotti sbatte la porta: «Sono un uomo libero, impossibile stare in questo movimento»
PARMA - E’ spietato il ritratto del Movimento 5 Stelle disegnato da Federico Pizzarotti. Spietata anche la sua decisione: «Da uomo libero, non posso più stare...

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PARMA - E’ spietato il ritratto del Movimento 5 Stelle disegnato da Federico Pizzarotti. Spietata anche la sua decisione: «Da uomo libero, non posso più stare in questo movimento. Per tre anni ho provato a cambiare le cose dall’interno. Devo arrendermi: è impossibile». E così il sindaco di Parma, il primo grillino eletto in un capoluogo di Provincia, sbatte la porta e se ne va portandosi dietro una valigia di polemiche, di rancori, di accuse e contro accuse. Era nell’aria da giorni. Quella che non era prevista è la veemenza delle parole con cui ha accompagnato l’abbandono.


Pizzarotti è sindaco di Parma da quattro anni e mezzo. Dalla sua ha il merito di aver tenuto quasi del tutto compatta la propria maggioranza: su venti consiglieri solo due se ne sono andati all’opposizione. E ora la sua maggioranza sta al fianco del sindaco ribelle, pronta a ricandidarsi alle prossime elezioni comunali – primavera del 2017 – ma sotto altre insegne. A dimostrazione che lo strappo non è soltanto una questione privata di Pizzarotti, ma un conflitto sul metodo, sui fini, sugli obiettivi del Movimento.

«Non è semplice fare questo passo, anche perché io senza Beppe Grillo non mi sarei mai alzato dal divano. Ma quello che faccio oggi prima o poi andava fatto da qualcuno». Pizzarotti parla come se sapesse che i malumori interni sono molto più diffusi di quanto le cronache ufficiali diramate dal blog del comico genovese non lascino intendere. «A certe riunioni incontro parlamentari grillini che si mostrano amichevoli e fraterni, ma poi rifiutano di farsi fotografare con me. Hanno paura, c’è un clima di terrore. C’è gente che è stata allontanata e messa in un angolo senza ragioni».

La tesi del ribelle di Parma è in qualche modo semplice. Non è lui ad aver tradito e a essere cambiato, è il Movimento che in pochi anni ha mutato pelle. In peggio: «Siamo passati dalla religione dello streaming e delle telecamere dappertutto che devono rendere trasparente la casa del potere alle stanze chiuse, ai direttori di nominati, alle decisioni segrete prese nelle stanze segrete da personaggi pieni di livore e rancore». Se la prende con gli scherani e i signorsì del direttorio pentastellato «quelli che sono capaci di giustificare qualsiasi cosa e di difendere qualsiasi posizione purché sia stata scritta sul blog». Ricorda con malizia le battaglie epocali annunciate con toni apocalittici e poi finite presto nel dimenticatoio: «Ve la ricordate la raccolta firme per un referendum contro l’euro? Bene, dove sono finite quelle firme raccolte? Perché non se ne parla più? Per quale ragione nessuno sente il bisogno di spiegare cosa è accaduto?».

Continua a dire «noi» anche se quel «noi» ormai non c’è più. Lui è fuori, come sono sostanzialmente fuori (ma non formalmente) i diciotto consiglieri della maggioranza che lo seguiranno nell’avventura di una lista civica. «Non abbiamo imparato niente dalla nostra storia, dai nostri sbagli. Abbiamo lasciato andare via molti di quelli che c’erano alla prima ora, non ci siamo mai chiesti perché hanno abbandonato. Il Movimento è ormai una struttura che mangia i propri figli». Parla di Beppe Grillo che a Palermo si è autodefinito capo-politico: «Capo politico? Era una figura inimmaginabile all’inizio della nostra avventura. C’erano i cittadini, i portavoce, ma di capi nessuno voleva sentire parlare. Chi è cambiato: io o loro?».


Pizzarotti venne eletto nel maggio del 2012. Ma già un anno dopo i suoi rapporti con la coppia Grillo-Casaleggio erano divenuti pessimi. «Ho messo davanti gli interessi dei cittadini di Parma a quelli del Movimento 5 Stelle, e non me lo hanno mai perdonato». Poi, nella primavera di quest’anno, è arrivato l’avviso di garanzia al sindaco e la conseguente sospensione di Pizzarotti. «Sono passati 144 giorni da quella sospensione e nessuno si è mai preso la briga di parlare con me, di chiedermi chiarimenti. E’ stata una sospensione illegittima, hanno usato due pesi e due misure apposta per farmi fuori visto che altri sindaci indagati (vedi Nogarin a Livorno, ndr) non sono mai stati sospesi». Nel frattempo è anche arrivata l’archiviazione delle accuse mosse dalla Procura al sindaco, ma senza ripensamenti da parte del direttorio: «E’ davvero un peccato: era una cosa che si poteva ricomporre. Non hanno voluto farlo».


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Il Messaggero