Un uomo combattivo, ma mite. Un rompiscatole, ma mai sleale. Non c'è una voce discorde su Mario Piccolino, l'avvocato ucciso due giorni fa nel suo studio al piano terra...
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Era stata fissata alle otto, ma è slittata di un'ora per consentire al sindaco Sandro Bartolomeo di incontrare a Latina il prefetto Pierluigi Faloni. È provato, il sindaco. Per lui, Mario era un amico, un paziente, un saggio da consultare nei momenti difficili. E proprio il sindaco è stato tra i primi ad essere avvisato due giorni fa, che «l'avvocato», il «fotoreporter rompiscatole» era stato ucciso. Un agguato, di facile esecuzione e di rapida pianificazione. Ci sono le immagini video fissate dalle telecamere della farmacia vicina, a dare fisionomia all'assassino: palestrato, bermuda, t-shirt nera. L'uomo si era presentato nello studio dove l'avvocato era con l'ingegnere inquilino di una stanza adibita a suo ufficio. L'ingegnere è in fondo al corridoio, la stanza dell'avvocato è vicina all'ingresso. Pochi secondi, Mario ha il tempo di dire: «Ma io non la conosco». Poi un solo colpo alla fronte con una pistola parabellum 9x21. La pistola della camorra. Probabilmente, il killer ha avuto il tempo di allontanarsi verso la stazione e salire su un treno, così da evitare eventuali posti di blocco. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero