Torino, un anno dopo la città ricorda la tragedia di piazza San Carlo

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Le transenne attorno agli accessi al parcheggio sotterraneo sono ancora lì, come il dolore e la sofferenza per una serata di calcio diventata all'improvviso «notte di paura e di lacrime». Torino ricorda con una corona di fiori e le note del silenzio, a un anno di distanza, la follia di piazza San Carlo, oltre 1.500 feriti tra cui una donna, Erika Pioletti, la 38enne morta dopo alcuni giorni di agonia, travolta nella fuga causata - secondo gli inquirenti - dallo spray al peperoncino usato da una banda di giovani rapinatori. La cerimonia, sobria e discreta per volere della famiglia Pioletti, è durata pochi minuti. Davanti a un centinaio di curiosi, due vigili urbani in alta uniforme hanno deposto fiori blu e gialli, i colori della città, davanti ai portici che il 3 giugno dell'anno scorso diedero rifugio ai tanti tifosi in piazza per assistere alla finale Champions tra Juventus e Real Madrid. Con il papà di Erika, Giulio, e la sorella Cristina, la sindaca Chiara Appendino, il prefetto Renato Saccone, rappresentanti della Juventus e del Torino, Paolo Garimberti e Antonio Comi. Mescolati tra i torinesi che la domenica frequentano il salotto del centro anche alcune persone che quella sera erano in piazza, ognuna col suo carico di dolore per una ferita che - in attesa delle decisioni della magistratura - non si è ancora rimarginata. Non c'era Fabio Martinoli, il fidanzato di Erika, che in piazza San Carlo era venuta per accontentare la sua passione per la Juventus. Troppo grande la sofferenza, quella che da un anno accompagna ogni giorno Marisa Amato, la 64enne rimasta paralizzata dopo essere stata calpestata dalla folla in preda al panico sotto il maxi schermo allestito per l'occasione. «Voglio tornare a casa e vivere, seppure in modo diverso, la mia quotidianità», scrive sui social la donna, che non è ancora uscita dall'ospedale. Sullo sfondo restano le polemiche per «una tragedia indelebile, che ha segnato la Città e che almeno nelle sue conseguenze tragiche si poteva e doveva evitare», commenta Stefano Lo Russo, capogruppo del Pd in Consiglio comunale. «Erika non la restituisce nessuno all'affetto dei suoi cari così come le ferite gravi e permanenti nel corpo e nell'anima di tantissimi che quella maledetta sera erano lì - aggiunge - Ma è giusto che almeno la giustizia faccia il suo corso per chi doveva programmare, prevedere e vigilare e non l'ha fatto adeguatamente».
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Il Messaggero