La vicenda del peschereccio italiano sequestrato una settimana fa dalle autorità tunisine in acque internazionali, sembrava risolto per metà: l'equipaggio...
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La questione sembrava ormai legata alla disputa sull'importo da pagare, secondo l'armatore, che divide l'attività con il nipote Alessandro Giacalone, mentre la barca è di proprietà della società "Pesca giovane srl". «Un documento in arabo è stato consegnato al comandante dell'Anna Madre - ha spiegato - e lì è riportata la cifra, decisamente esorbitante». Durante la navigazione verso Sfax, lo scorso 16 settembre, il comandante Giacomo Giacalone era stato rinchiuso in una cabina dell'Anna Madre e al timone c'erano i guardacoste tunisini che hanno condotto la barca al porto militare; ma dopo qualche ora il peschereccio è stato portato al porto commerciale. Il pescato, del valore di circa 40 mila euro (tre tonnellate di gamberi e cento chili di pesce misto), è stato preso in consegna dalle autorità tunisine. Proprio le specie ittiche a bordo del peschereccio e il fatto che il pesce fosse congelato, avevano indotto all'ottimismo l'armatore, perché era evidente che quelle specie «non si pescano nelle acque tunisine dove, invece, si catturano le triglie».
Ma le autorità tunisine non hanno tenuto in alcuna considerazione le osservazioni di Giacalone.
Il Messaggero