La proposta di Mariastella Gelmini: «Azzerare i contributi per l'apprendistato»

Gelmini (Ansa)
È apparentemente corretta la scelta del governo di mettere i giovani al centro dell'agenda politica della prossima legge di bilancio ma la diffidenza verso i risultati...

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È apparentemente corretta la scelta del governo di mettere i giovani al centro dell'agenda politica della prossima legge di bilancio ma la diffidenza verso i risultati concreti che l'esecutivo riuscirà a cogliere è d'obbligo. Occuparsi delle prospettive di lavoro dei giovani significa preoccuparsi di tutti i cittadini perché è sul continuo rinnovo del patto intergenerazionale che si costruisce il tessuto sociale del Paese. E con questo obiettivo trovo opportuno aver esteso il sistema contributivo a tutti i lavoratori attivi, perché quella scelta ha eliminato l'ingiustificata ripartizione tra generazioni basata sulla data del loro ingresso nel mercato del lavoro.


Ora occorre un impegno preciso per mettere i giovani nelle condizioni di costruire percorsi di continuità lavorativa tali da evitare buchi in ambito pensionistico, partendo dal lavoro e non da facili proposte propagandistiche. La bussola è il principio di responsabilità personale, lontano dall'ottica assistenzialistica, ma facendo capire che non si può sfuggire dal dovere di una continua ricerca attiva del lavoro.

I SISTEMI DI WELFARE
I moderni sistemi di welfare non possono prescindere dalla correlazione tra versamenti contributivi e prestazioni. La continuità lavorativa - che è la sola condizione a garantire assistenza e pensioni adeguate - é diventata oggi un obiettivo difficilissimo per i giovani che faticano ad avere lavori stabili.

Le soluzioni anticipate dalle fonti governative sembrano andare nella giusta direzione grazie al fatto che il Jobs Act, criticabile sotto molti aspetti, ha sostanzialmente confermato l'impianto di integrazione tra istruzione, formazione e lavoro costruito dai governi Berlusconi.

L'abbiamo sempre detto: occorre partire dall'apprendistato per trasformarlo in un vero e proprio contratto d'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, l'anticamera di un vero contratto di lavoro retribuito e con copertura previdenziale.
Con la costruzione di un efficace sistema di apprendistato duale, a partire dai 15 anni, i giovani possono essere inseriti in percorsi di istruzione e di formazione professionale che volendo proseguono fino a 29 anni, con l'opzione di conseguire anche titoli della formazione terziaria: dai diplomi di Supertecnico degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) alla laurea fino ad arrivare ai master universitari.

Il governo deve far in modo che questi percorsi (a Sud come a Nord) rappresentino un percorso di integrazione scuola lavoro strutturato, accessibile a tutti i ragazzi, aperto alle esigenze del sistema produttivo. Protagoniste sulla formazione e sul mercato del lavoro, sono le Regioni (sfruttando le loro prerogative costituzionali) come hanno già fatto Lombardia e Veneto (e ora la Liguria), per favorire partnership efficaci fra il sistema della formazione e quello delle imprese.

IL PERCORSO
Ma il governo avrà il coraggio di azzerare la contribuzione dell'apprendistato duale? Un ritorno alla riforma Biagi potrebbe consentire la conferma dei contratti di apprendistato al termine del loro percorso di istruzione e di formazione on the job.

Ormai i dati statistici hanno dimostrato che gli effetti dei bonus automatici per i soli contratti a tempo indeterminato svaniscono con la fine degli stessi incentivi. Insistere sul tentativo di forzare le scelte dei datori di lavoro, per orientarsi solo verso i contratti a tempo indeterminato, significa forzare il principio di realtà. Si può essere o meno d'accordo nel merito, ma i numeri dicono che anche con il Jobs Act le assunzioni a tempo determinato sono quelle privilegiate dalle imprese.


Per questo motivo, occorrono incentivi e meno burocrazia per le imprese che decidono di assumere a tempo determinato giovani che abbiano svolto un apprendistato anche presso altre aziende. Solo così il Paese può invertire quel dato terribile e ormai consolidato sulla disoccupazione giovanile. Più politiche attive e meno assistenzialismo è la strada percorsa da molti paesi europei ai quali i giovani italiani guardano per trovare occupazione.

* Vicepresidente vicario dei deputati di Forza Italia Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero