Non solo Ligabue e Venditti. Anche un altro canautore doc, considerato il cantautore italiano "politico" per eccellenza aveva lanciato i suoi strali contro la sinistra. Era fine...
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«Oggi non so cosa farei. Probabilmente non voterei. Con questo sistema, tanto vale scegliere i parlamentari sull'elenco del telefono», diceva il cantautore. Che sulla sinistra italiana ci andava giù non tanto sul sottile: la sinistra, sosteneva, «è un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del "politicamente corretto", una moda americana di trent'anni fa, e della "Costituzione più bella del mondo". Che si commuove per lo slow food e poi magari, "en passant", strizza l'occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me».
E al giornalista che gli chiedeva se credesse in Matteo Renzi e se avrebbe votato alle future primarie del partito, aveva sentenziato: «Il verbo "credere" non dovrebbe appartenere alla politica. Non basta promettere bene e saper comunicare. E poi penso di non votare alle secondarie, si figuri se voterò alle primarie. Il Pd sta passando l'estate a litigare. E magari anche Renzi ne uscirà logorato». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero