Pasolini, battaglia per la verità gli assassini furono almeno due

Pasolini, battaglia per la verità gli assassini furono almeno due
Grazie al lavoro della Procura di Roma, un lavoro silenzioso e rigoroso, forse ci stiamo avvicinando a una verità importante sull'assassinio di uno dei più grandi...

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Grazie al lavoro della Procura di Roma, un lavoro silenzioso e rigoroso, forse ci stiamo avvicinando a una verità importante sull'assassinio di uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano. Sembra infatti che la prova del Dna abbia dimostrato che quella sera di novembre del 1975 all'Idroscalo di Ostia ad uccidere Pier Paolo Pasolini non fu, come si è creduto giudiziariamente per quarant'anni , il giovane Pino Pelosi al termine di un rapporto omosessuale.




Furono invece più persone, forse tre , delle quali sarebbero state trovate tracce biologiche. Dunque, se la notizia sarà confermata, più di un aggressore infierì sul corpo del poeta, come dimostrano, con agghiacciante evidenza, le immagini del suo corpo straziato.



Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo e presidente del tribunale dei minorenni, scrisse nella prima sentenza: «Ritiene il collegio che dagli atti emerga in modo imponente la prova che quella notte all'Idroscalo il Pelosi non era solo». Aveva ragione, quell'uomo di legge. Invece per quarant'anni si è affermata un'altra verità: Pasolini, al termine di un incontro omosessuale occasionale aveva provocato la reazione di un ragazzo di borgata che lo aveva ucciso. Il caso è chiuso.



Invece no. Invece oggi sappiamo che Pelosi conosceva Pasolini da quattro mesi, sappiamo che quella sera almeno tre persone si accanirono sullo scrittore, prima picchiandolo e poi investendolo. Nel 2005 il Comune di Roma si costituì parte civile nel nuovo processo sulla morte di Pier Paolo e nel 2010 scrissi sul Corriere della Sera una lettera aperta all'allora ministro della Giustizia Angelino Alfano, che rispose con sensibilità, proprio chiedendo che fosse riaperta l'inchiesta utilizzando le nuove possibilità tecnologiche per chiarire molti dei misteri di questa vicenda.

Gianni Borgna scrisse con Carlo Lucarelli un importante articolo su Micromega e insieme, lui ed io, abbiamo combattuto questa battaglia per la verità associandoci a quanti, persone di legge e intellettuali e anche questo giornale, non si sono rassegnati alla lacunosa versione ufficiale. Ora forse sappiamo di più e bisognerà muoversi con grande prudenza tra le mille versioni di Pino Pelosi. Ma non si dovrà smettere di cercare la verità. Non solo come è morto Pasolini, ma perché è morto Pasolini. Le due cose sono legate.



Ora ci avviciniamo a sapere che a ucciderlo non è stato un uomo solo ma un gruppo organizzato, andato lì per assassinare un poeta. Perché? Importa per la nostra storia, che non può essere fatta di troppi buchi. Importa per la memoria di un intellettuale libero e per quella di un Paese intero, che ha visto gli assassini dei fratelli Mattei fuggire all'estero senza essere inseguiti e gli autori dell'assassinio efferato nella sua casa di Valerio Verbano essere ancora in libertà. Senza memoria un computer è uno schermo stupido. Senza memoria, una comunità perde anima e senso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero